Cammino Iacopeo d'Anaunia: Racconto in immagini di un'esperienza esaltante
(di cammino, di conoscenza, di spirito)
1° giorno 1° maggio 2015 Da San Zeno a Senale 26.5 km.
Basilica dei SS.Martiri di San Zeno
La chiesa presenta uno stile gotico rinascimentale e fu costruita nella zona del tempio pagano dedicato a Saturno. Viene edificata su ordine del principe–vescovo Giovanni Hinderbach sul luogo dove, nel 1472, si trovarono nella cripta dell’antica basilica vigiliana le reliquie dei Santi Martiri in un sepolcreto paleocristiano.
Il portale romanico-rinascimentale, a strombo, fu costruito nel 1542 da Giacomo Mookadoha e nella lunetta c’è
l’affresco della Madonna con Bambino e dei Tre Martiri. L’interno è gotico a croce latina con tre navate suddivise
da otto colonne di pietra bianca. L’abside ha forma pentagonale e l’altare maggiore marmoreo del 1771 di Domenico Taliani di Rezzato ospita la pala di Gianbattista Lampi che raffigura i tre Martiri nella gloria. La cappella dei Santi Martiri anauniensi è separata da una cancellata in ferro battuto e si pensa sia il luogo dove un tempo sorse la primitiva basilica vigiliana per la presenza di affreschi romanici e tombe paleocristiane. Caratteristico è il soffitto ligneo e nell’angolo si trova l’antica Arca contenente le reliquie del rogo dei Santi Martiri.
I quattro bassorilievi gotici dell’inizio del ‘500, rappresentanti la morte dei Martiri, sono oggi ospitati al Museo diocesano di Trento.
La chiesa presenta uno stile gotico rinascimentale e fu costruita nella zona del tempio pagano dedicato a Saturno. Viene edificata su ordine del principe–vescovo Giovanni Hinderbach sul luogo dove, nel 1472, si trovarono nella cripta dell’antica basilica vigiliana le reliquie dei Santi Martiri in un sepolcreto paleocristiano.
Il portale romanico-rinascimentale, a strombo, fu costruito nel 1542 da Giacomo Mookadoha e nella lunetta c’è
l’affresco della Madonna con Bambino e dei Tre Martiri. L’interno è gotico a croce latina con tre navate suddivise
da otto colonne di pietra bianca. L’abside ha forma pentagonale e l’altare maggiore marmoreo del 1771 di Domenico Taliani di Rezzato ospita la pala di Gianbattista Lampi che raffigura i tre Martiri nella gloria. La cappella dei Santi Martiri anauniensi è separata da una cancellata in ferro battuto e si pensa sia il luogo dove un tempo sorse la primitiva basilica vigiliana per la presenza di affreschi romanici e tombe paleocristiane. Caratteristico è il soffitto ligneo e nell’angolo si trova l’antica Arca contenente le reliquie del rogo dei Santi Martiri.
I quattro bassorilievi gotici dell’inizio del ‘500, rappresentanti la morte dei Martiri, sono oggi ospitati al Museo diocesano di Trento.
SANTI BARTOLOMEO E TOMMASO DI ROMENO
La chiesa si trova nel comune di Romeno ai margini del paese, immersa nel verde dei meleti e con una splendida
vista sul gruppo delle Dolomiti di Brenta. La chiese viene ricordata già nel 1187 ma è forse più antica. All’interno,
nell’abside sinistra, si può osservare il suggestivo dipinto raffigurante Cristo benedicente circondato da cherubini
datato attorno al XIII sec. Come nella chiesa di San Nicola a Laces, anche qui troviamo il motivo della deposizione di Cristo, ispirato dalla raffigurazione di San Giacomo a Söles. Lo stesso motivo lo ritroviamo anche a Castel d’Appiano. A giudicare dall’iconografia, l’origine del dipinto si daterebbe attorno al 1210.
MASO SAN BARTOLOMEO
Immerso nel verde di prati e ordinati frutteti dell’assolata campagna di Romeno, il Maso di san Bartolomeo è un
piccolo agglomerato di case storiche. Uno di questi masi, nato come punto di culto, di ristoro, ospitalità e protezione per i viandanti dell’epoca che dal passo Tonale raggiungevano la romana via Claudia Augusta a Bolzano attraverso il passo Mendola, è stato trasformato oggi in un accogliente agriturismo. La chiesa è sempre aperta.
La chiesa si trova nel comune di Romeno ai margini del paese, immersa nel verde dei meleti e con una splendida
vista sul gruppo delle Dolomiti di Brenta. La chiese viene ricordata già nel 1187 ma è forse più antica. All’interno,
nell’abside sinistra, si può osservare il suggestivo dipinto raffigurante Cristo benedicente circondato da cherubini
datato attorno al XIII sec. Come nella chiesa di San Nicola a Laces, anche qui troviamo il motivo della deposizione di Cristo, ispirato dalla raffigurazione di San Giacomo a Söles. Lo stesso motivo lo ritroviamo anche a Castel d’Appiano. A giudicare dall’iconografia, l’origine del dipinto si daterebbe attorno al 1210.
MASO SAN BARTOLOMEO
Immerso nel verde di prati e ordinati frutteti dell’assolata campagna di Romeno, il Maso di san Bartolomeo è un
piccolo agglomerato di case storiche. Uno di questi masi, nato come punto di culto, di ristoro, ospitalità e protezione per i viandanti dell’epoca che dal passo Tonale raggiungevano la romana via Claudia Augusta a Bolzano attraverso il passo Mendola, è stato trasformato oggi in un accogliente agriturismo. La chiesa è sempre aperta.
SANTA LUCIA DI FONDO
La chiesetta dedicata a Santa Lucia sorge sull’omonimo colle posto a nord-ovest di Fondo, facilmente
raggiungibile con una bella passeggiata.
L’edificio, risalente al XIV secolo, fu modificato ed ampliato nel 1673. All’esterno, sulla facciata, è ancora visibile un timpano acuto ed un piccolo campanile a vela.
Un ciclo di affreschi dedicati a San Cristoforo, risalenti alla seconda metà del ‘300, opera del famoso Maestro di
Sommacampagna ed una Crocifissione impreziosiscono la muratura esterna. All’interno, la navata unica è affrescata da un ciclo di otto episodi commentati da didascalie gotiche e latine dedicato alle Storie di Santa Lucia databile intorno al 1380, opera forse di Mastro della Madonna di Castelbarco. Molto prezioso anche l’altare ligneo del XVII secolo che presenta una predella raffigurante il Battesimo di Gesù, l’Incontro del Battista con due Apostoli, l’Incontro di Giovanni Battista con Gesù, la Decollazione del Battista e
due episodi raffiguranti Salomè che raccoglie la testa del Battista e la porge a re Erode.
La chiesetta dedicata a Santa Lucia sorge sull’omonimo colle posto a nord-ovest di Fondo, facilmente
raggiungibile con una bella passeggiata.
L’edificio, risalente al XIV secolo, fu modificato ed ampliato nel 1673. All’esterno, sulla facciata, è ancora visibile un timpano acuto ed un piccolo campanile a vela.
Un ciclo di affreschi dedicati a San Cristoforo, risalenti alla seconda metà del ‘300, opera del famoso Maestro di
Sommacampagna ed una Crocifissione impreziosiscono la muratura esterna. All’interno, la navata unica è affrescata da un ciclo di otto episodi commentati da didascalie gotiche e latine dedicato alle Storie di Santa Lucia databile intorno al 1380, opera forse di Mastro della Madonna di Castelbarco. Molto prezioso anche l’altare ligneo del XVII secolo che presenta una predella raffigurante il Battesimo di Gesù, l’Incontro del Battista con due Apostoli, l’Incontro di Giovanni Battista con Gesù, la Decollazione del Battista e
due episodi raffiguranti Salomè che raccoglie la testa del Battista e la porge a re Erode.
SANTUARIO DELLA MADONNA DI SENALE
La chiesa si trova nel grazioso villaggio di Senale, a metri 1342, già territorio altoatesino, a soli 5 km
dal passo delle Palade. Conosciuta anche con il nome tedesco di Unsere Liebe Frau im Walde (Nostra cara signora del Bosco). Dal XII secolo è celebre meta di pellegrinaggio e nella giornata di ferragosto la popolazione accompagna la statua della Madonna da Dovena, frazione di Castelfondo a Senale. Viene menzionata per la prima volta nel 1194 come convento con ospizio per pellegrini passanti il Passo Palade
e nel 1224 come convento agostiniano. Dall’esterno la chiesa presenta una struttura semplice scoprendosi poi, al
suo interno, ricca di altari e altre opere d’arte: in stile gotico, con i suoi altari barocchi riccamente intagliati e
l'immagine votiva della Vergine, patrona di Senale. Al centro spicca l’immagine miracolosa della “Madonna del
Bosco”, risalente al 1430 circa, in una nicchia dorata sopra l’altare maggiore. L’organo attuale fu costruito nel
1868, utilizzando anche parti di quello precedente risalente al 1668. La S. Messa viene qui celebrata in lingua tedesca, tuttavia, da luglio a metà settembre, viene celebrata anche
una messa in italiano la domenica. Ad inizio agosto solitamente viene organizzato un pellegrinaggio verso la Madonna di Senale con partenza dalla Basilica dei SS. Martiri di Sanzeno. Il tragitto percorre l'intera Alta Val di Non su panoramiche stradine e mulattiere di montagna.
La chiesa si trova nel grazioso villaggio di Senale, a metri 1342, già territorio altoatesino, a soli 5 km
dal passo delle Palade. Conosciuta anche con il nome tedesco di Unsere Liebe Frau im Walde (Nostra cara signora del Bosco). Dal XII secolo è celebre meta di pellegrinaggio e nella giornata di ferragosto la popolazione accompagna la statua della Madonna da Dovena, frazione di Castelfondo a Senale. Viene menzionata per la prima volta nel 1194 come convento con ospizio per pellegrini passanti il Passo Palade
e nel 1224 come convento agostiniano. Dall’esterno la chiesa presenta una struttura semplice scoprendosi poi, al
suo interno, ricca di altari e altre opere d’arte: in stile gotico, con i suoi altari barocchi riccamente intagliati e
l'immagine votiva della Vergine, patrona di Senale. Al centro spicca l’immagine miracolosa della “Madonna del
Bosco”, risalente al 1430 circa, in una nicchia dorata sopra l’altare maggiore. L’organo attuale fu costruito nel
1868, utilizzando anche parti di quello precedente risalente al 1668. La S. Messa viene qui celebrata in lingua tedesca, tuttavia, da luglio a metà settembre, viene celebrata anche
una messa in italiano la domenica. Ad inizio agosto solitamente viene organizzato un pellegrinaggio verso la Madonna di Senale con partenza dalla Basilica dei SS. Martiri di Sanzeno. Il tragitto percorre l'intera Alta Val di Non su panoramiche stradine e mulattiere di montagna.
2° giorno 2 maggio 2015
Da Senale a Marcena di Rumo 21.5 km.
Da Senale a Marcena di Rumo 21.5 km.
La chiesa di San Udalrico sorge nella frazione di Corte Inferiore di Rumo, in posizione isolata rispetto al resto delle costruzioni dell’abitato.
Vero tesoro d’arte sia per la struttura architettonica che per gli affreschi che decorano gli interni, è ricordata a partire dal 1327.
La navata unica è sormontata all’interno da una volta lavorata a nervature.
L’arco santo a ogiva è sostenuto da pilastri in pietra grigia i cui capitelli sono decorati con faccine d’angelo e motivi floreali.
La parete di destra è decorata con un prezioso ciclo di affreschi, datato 1471, realizzato dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis.
Il ciclo, diviso in due registri, rappresenta l’Ultima Cena, Santa Barbara e San Barnabè nella porzione superiore e Re David, Santo Stefano ed altri Santi in quella inferiore.
Di paternità dei fratelli Baschenis anche gli affreschi esterni raffiguranti San Benedetto e la Madonna in trono.
La chiesa conserva inoltre l’altare maggiore in legno policromo databile tra il 1688 e il 1694 opera dell’intagliatore Giacomo Bezzi
Vero tesoro d’arte sia per la struttura architettonica che per gli affreschi che decorano gli interni, è ricordata a partire dal 1327.
La navata unica è sormontata all’interno da una volta lavorata a nervature.
L’arco santo a ogiva è sostenuto da pilastri in pietra grigia i cui capitelli sono decorati con faccine d’angelo e motivi floreali.
La parete di destra è decorata con un prezioso ciclo di affreschi, datato 1471, realizzato dai fratelli Giovanni e Battista Baschenis.
Il ciclo, diviso in due registri, rappresenta l’Ultima Cena, Santa Barbara e San Barnabè nella porzione superiore e Re David, Santo Stefano ed altri Santi in quella inferiore.
Di paternità dei fratelli Baschenis anche gli affreschi esterni raffiguranti San Benedetto e la Madonna in trono.
La chiesa conserva inoltre l’altare maggiore in legno policromo databile tra il 1688 e il 1694 opera dell’intagliatore Giacomo Bezzi
3° giorno 3 maggio 2015
Da Marcena a San Romedio 19.5 km.
Da Marcena a San Romedio 19.5 km.
Il Santuario di San Romedio, nascosto tra le rocce presso Sanzeno, nel comune di Coredo, in Val di Non è frequentato da pellegrini e da turisti. E' un luogo di pace e di conforto, ideale per passeggiate a contatto con una natura incontaminata. Oggi è custodito dai frati dell'ordine di San Francesco d'Assisi.
TRA STORIA E LEGGENDA
Si narra di come, sul finire del X secolo, il nobile Romedio, erede della prestigiosa casata tirolese dei Thaur, chiamato dalla voce di Dio, abbandonate tutte le sue ricchezze, decise di cercare la vera felicità e la comunione col Creatore ritirandosi in meditazione sulla cima di una roccia. Alla sua morte, coloro che gli erano stati fedeli, scavarono nella roccia la sua tomba e diedero vita al culto che dal lontano
anno 1000 si perpetua ancor oggi.
A partire dalla prima cappella costruita nel XI secolo, la fede degli umili nel loro Santo protettore fece sì che venissero erette, nel corso dei secoli, l’una sopra le altre tre piccole chiesette, due cappelle e sette edicole della Passione, vere custodi della sacralità e della magia del santuario. La fede nel Santo in Valle era davvero forte, tanto che, a partire dal XV secolo le pareti lungo la scalinata che conduce alla
tomba dell’eremita, si riempirono di oggetti ex-voto, segni dell’immensa fiducia dei pellegrini nel potere del Santo.
L'ARCHITETTURA DEL SANTUARIO
Il primo edificio del santuario è posto in cima allo sperone di roccia. Nasce come chiesa-sacello sulla tomba di San Romedio, eremita, vissuto su questa rupe verso al fine del X secolo. Ora è nascosta dietro la chiesa che svetta all'esterno con il suo campanile. La si può raggiungere dopo aver superato 130 gradini.
Per cinquecento anni la roccia su cui sorge il santuario antico (X-XI sec.) rimane nuda, con una scalinata scoperta e qualche edicola ora scomparsa. In basso si trovavano le stalle, i rifugi per i pellegrini e l'abitazione del custode.
Verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI il santuario si distende con la costruzione della Cappella di S. Giorgio e delle due chiese: Chiesa di S. Michele e Chiesa di S. Romedio. Il campanile è dello stesso periodo, sempre in stile gotico-clesiano. Nel 1700 il santuario si veste a festa, accompagnando il visitatore, pellegrino o turista, fino alla soglia della tomba del santo eremita Romedio. Vengono ricostruiti ex-novo gli edifici a piano terra adibiti all'accoglienza dei pellegrini, alle stalle e ai fienili; le chiese vengono abbracciate con la costruzione dell'appartamento dei "conti" e del ballatoio (1725), della sacrestia e della biblioteca in alto; la seconda parte della scalinata viene coperta e poi animata con le edicole dei misteri della passione di Cristo; sopra la cappella di S. Giorgio si innalzano due stanze di abitazione; infine viene eretto l'arco di ingresso al luogo sacro (1770). Nel secolo XX si sono aggiunti: la Cappella dell'Addolorata e, all'esterno, il parcheggio con l'edicola di San Romedio (1907).
TRA STORIA E LEGGENDA
Si narra di come, sul finire del X secolo, il nobile Romedio, erede della prestigiosa casata tirolese dei Thaur, chiamato dalla voce di Dio, abbandonate tutte le sue ricchezze, decise di cercare la vera felicità e la comunione col Creatore ritirandosi in meditazione sulla cima di una roccia. Alla sua morte, coloro che gli erano stati fedeli, scavarono nella roccia la sua tomba e diedero vita al culto che dal lontano
anno 1000 si perpetua ancor oggi.
A partire dalla prima cappella costruita nel XI secolo, la fede degli umili nel loro Santo protettore fece sì che venissero erette, nel corso dei secoli, l’una sopra le altre tre piccole chiesette, due cappelle e sette edicole della Passione, vere custodi della sacralità e della magia del santuario. La fede nel Santo in Valle era davvero forte, tanto che, a partire dal XV secolo le pareti lungo la scalinata che conduce alla
tomba dell’eremita, si riempirono di oggetti ex-voto, segni dell’immensa fiducia dei pellegrini nel potere del Santo.
L'ARCHITETTURA DEL SANTUARIO
Il primo edificio del santuario è posto in cima allo sperone di roccia. Nasce come chiesa-sacello sulla tomba di San Romedio, eremita, vissuto su questa rupe verso al fine del X secolo. Ora è nascosta dietro la chiesa che svetta all'esterno con il suo campanile. La si può raggiungere dopo aver superato 130 gradini.
Per cinquecento anni la roccia su cui sorge il santuario antico (X-XI sec.) rimane nuda, con una scalinata scoperta e qualche edicola ora scomparsa. In basso si trovavano le stalle, i rifugi per i pellegrini e l'abitazione del custode.
Verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI il santuario si distende con la costruzione della Cappella di S. Giorgio e delle due chiese: Chiesa di S. Michele e Chiesa di S. Romedio. Il campanile è dello stesso periodo, sempre in stile gotico-clesiano. Nel 1700 il santuario si veste a festa, accompagnando il visitatore, pellegrino o turista, fino alla soglia della tomba del santo eremita Romedio. Vengono ricostruiti ex-novo gli edifici a piano terra adibiti all'accoglienza dei pellegrini, alle stalle e ai fienili; le chiese vengono abbracciate con la costruzione dell'appartamento dei "conti" e del ballatoio (1725), della sacrestia e della biblioteca in alto; la seconda parte della scalinata viene coperta e poi animata con le edicole dei misteri della passione di Cristo; sopra la cappella di S. Giorgio si innalzano due stanze di abitazione; infine viene eretto l'arco di ingresso al luogo sacro (1770). Nel secolo XX si sono aggiunti: la Cappella dell'Addolorata e, all'esterno, il parcheggio con l'edicola di San Romedio (1907).
La parrocchiale di Santo Stefano di Revò si trova decentrata rispetto al paese. Già sede della pieve, comprendeva una decina di paesi e viene menzionata nel 1128. Venne riedificata agli inizi del XVI secolo e rimaneggiata nel secolo XVIII. La base massiccia del campanile, staccata dalla chiesa, sembra avere origine romane, ma più probabilmente si tratta del basamento di una torre medioevale. Notevole è il portale in stile gotico. L'interno è ad una navata con decorazione del 1910 del pittore Sigismondo Nardi con scene della vita di Santo Stefano e dei Santi protettori dei paesi della pieve di Revò.
L'altare maggiore è opera dello scultore vicentino Giovanni Merlo, proveniente dalla chiesa della Santissima Trinità di Trento e portato in paese nel 1804, con carri trainati da buoi. La pala del primo altare a destra, raffigurante la lapidazione di Santo Stefano è da attribuire al maestro Antonio Zeni (1645). La campana maggiore, detta Srefena, pesa 29 quintali e il suo suono, così vuole la tradizione, tiene lontana la grandine.
Venne fusa nel 1534 sul prato davanti alla chiesa.
L'altare maggiore è opera dello scultore vicentino Giovanni Merlo, proveniente dalla chiesa della Santissima Trinità di Trento e portato in paese nel 1804, con carri trainati da buoi. La pala del primo altare a destra, raffigurante la lapidazione di Santo Stefano è da attribuire al maestro Antonio Zeni (1645). La campana maggiore, detta Srefena, pesa 29 quintali e il suo suono, così vuole la tradizione, tiene lontana la grandine.
Venne fusa nel 1534 sul prato davanti alla chiesa.
EREMO DI SAN BIAGIO
L’eremo di San Biagio sorge su un poderoso sperone di roccia che emerge tra aspri burroni dall’alveo del torrente Novella, affluente del fiume Noce e oggi del lago artificiale di Santa Giustina. Si tratta di un complesso di edifici eretti a partire dal XIII secolo, il cui nucleo più antico è costituito da una cappella romanica dedicata alla Beata Vergine Maria, con volte sorrette da sei colonnine monolitiche. La
chiesa propriamente detta, dedicata a San Biagio, è d’impiantoquattrocentesco, con successive modifiche. A lato della porta d’ingresso
è visibile un affresco raffigurante San Cristoforo, protettore dei pellegrini. Il romitorio sorge sul lato meridionale del dosso: la prima notizia certa risale al 1307 e riguarda una controversia sorta tra il pievano di Revò e tre monache che abitavano a San Biagio. Nei più antichi
documenti il sito è denominato anche “dosso di San Lazzaro”, circostanza che induce a ipotizzare la presenta in loco – tra il XIII e il XIV secolo – di un lazzaretto, ossia un ricovero per lebbrosi consacrati alla vita religiosa. In seguito la chiesa e i terreni agricoli circostanti vennero affidati a beneficiati laici o religiosi e infine a poveri eremiti. Nel 1593 l’eremo fu incorporato ai beni stabili del seminario di Trento. Nel 1658 venne ceduto ai conti d’Arsio, che provvidero alla sua manutenzione: ancora oggi sopra la porta d’ingresso della chiesa e sulla facciata dell’abitazione campeggiano due stemmi della nobile famiglia. L’ultimo eremita fu Lorenzo Bertolini da Dambel, morto nel 1790. Nel corso del XIX secolo il complesso venne convertito in casa colonica. Di notevole interesse è l’antico ponte gettato tra le due sponde del burrone, che s’inserisce in un’articolata rete di strade e sentieri. Il primo documento relativo a questo manufatto risale al 1467: la sua peculiarità è quella di essere chiuso da una porta munita di tettoia, sotto la quale nel 1965 il pittore Carlo Bonacina dipinse un’immagine della Madonna col Bambino. La chiesa ospita un’importante testimonianza archeologica: un cippo con iscrizione funeraria romana di età imperiale, che venne murato in epoca imprecisata nell’antipendio dell’altare maggiore. Reperti preistorici più antichi, risalenti all’età del
bronzo, vennero alla luce nel corso di lavori di sterro intrapresi negli anni Sessanta. Una presenza unica nel suo genere è il pozzo ubicato al centro della chiesa, che attinge a una falda acquifera sotterranea. La pala dell’altare maggiore venne commissionata nel 1697 dal
canonico Francesco Sigismondo conte d’Arsio: raffigura la Vergine Maria in gloria invocata dai Santi Biagio, Francesco d’Assisi e
Agostino ed è attribuita al pittore Francesco Furlanel di Tesero. Nella cappella interna si conserva una statua lignea policroma raffigurante la Madonna col Bambino Gesù in braccio: si tratta di un pregevole manufatto tardogotico scolpito da un intagliatore di cultura tedesca. La statua è da sempre oggetto di grande venerazione presso la popolazione locale. Il 3 febbraio di ogni anno nella chiesa si celebra una cerimonia religiosa che culmina nel rito della benedizione della gola, di cui San Biagio è considerato il protettore. Oggi il complesso edilizio è di proprietà della famiglia Facinelli, che offre al visitatore visite guidate all’azienda agricola frutticola circostante ed ad alcuni vigneti coltivati a Groppello. Inoltre è possibile visitare l’eremo gratuitamente. Tutto questo prenotandosi al numero 347-1662990 o al tel 0463 437255
L’eremo di San Biagio sorge su un poderoso sperone di roccia che emerge tra aspri burroni dall’alveo del torrente Novella, affluente del fiume Noce e oggi del lago artificiale di Santa Giustina. Si tratta di un complesso di edifici eretti a partire dal XIII secolo, il cui nucleo più antico è costituito da una cappella romanica dedicata alla Beata Vergine Maria, con volte sorrette da sei colonnine monolitiche. La
chiesa propriamente detta, dedicata a San Biagio, è d’impiantoquattrocentesco, con successive modifiche. A lato della porta d’ingresso
è visibile un affresco raffigurante San Cristoforo, protettore dei pellegrini. Il romitorio sorge sul lato meridionale del dosso: la prima notizia certa risale al 1307 e riguarda una controversia sorta tra il pievano di Revò e tre monache che abitavano a San Biagio. Nei più antichi
documenti il sito è denominato anche “dosso di San Lazzaro”, circostanza che induce a ipotizzare la presenta in loco – tra il XIII e il XIV secolo – di un lazzaretto, ossia un ricovero per lebbrosi consacrati alla vita religiosa. In seguito la chiesa e i terreni agricoli circostanti vennero affidati a beneficiati laici o religiosi e infine a poveri eremiti. Nel 1593 l’eremo fu incorporato ai beni stabili del seminario di Trento. Nel 1658 venne ceduto ai conti d’Arsio, che provvidero alla sua manutenzione: ancora oggi sopra la porta d’ingresso della chiesa e sulla facciata dell’abitazione campeggiano due stemmi della nobile famiglia. L’ultimo eremita fu Lorenzo Bertolini da Dambel, morto nel 1790. Nel corso del XIX secolo il complesso venne convertito in casa colonica. Di notevole interesse è l’antico ponte gettato tra le due sponde del burrone, che s’inserisce in un’articolata rete di strade e sentieri. Il primo documento relativo a questo manufatto risale al 1467: la sua peculiarità è quella di essere chiuso da una porta munita di tettoia, sotto la quale nel 1965 il pittore Carlo Bonacina dipinse un’immagine della Madonna col Bambino. La chiesa ospita un’importante testimonianza archeologica: un cippo con iscrizione funeraria romana di età imperiale, che venne murato in epoca imprecisata nell’antipendio dell’altare maggiore. Reperti preistorici più antichi, risalenti all’età del
bronzo, vennero alla luce nel corso di lavori di sterro intrapresi negli anni Sessanta. Una presenza unica nel suo genere è il pozzo ubicato al centro della chiesa, che attinge a una falda acquifera sotterranea. La pala dell’altare maggiore venne commissionata nel 1697 dal
canonico Francesco Sigismondo conte d’Arsio: raffigura la Vergine Maria in gloria invocata dai Santi Biagio, Francesco d’Assisi e
Agostino ed è attribuita al pittore Francesco Furlanel di Tesero. Nella cappella interna si conserva una statua lignea policroma raffigurante la Madonna col Bambino Gesù in braccio: si tratta di un pregevole manufatto tardogotico scolpito da un intagliatore di cultura tedesca. La statua è da sempre oggetto di grande venerazione presso la popolazione locale. Il 3 febbraio di ogni anno nella chiesa si celebra una cerimonia religiosa che culmina nel rito della benedizione della gola, di cui San Biagio è considerato il protettore. Oggi il complesso edilizio è di proprietà della famiglia Facinelli, che offre al visitatore visite guidate all’azienda agricola frutticola circostante ed ad alcuni vigneti coltivati a Groppello. Inoltre è possibile visitare l’eremo gratuitamente. Tutto questo prenotandosi al numero 347-1662990 o al tel 0463 437255
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