06 aprile: da riva del Garda
a Tempesta-Il Sentiero delle Busatte
Riva del Garda-Cenni Storici
Appartenne da tempi remoti al Principato Vescovile di Trento, come dimostrano i documenti del 1124, con cui il Principe vescovo Altemanno concede agli uomini di Riva la facoltà di costruirsi un castello, riservati i diritti di signoria al vescovo e, del 1155, con cui vengono fissati i tributi, gli oneri e le prestazioni dovute dai rivani al Vescovo. Nel 1349 il vescovo di Trento Giovanni da Pistoia vendette Riva e i luoghi circonvicini a Mastino della Scala, signore di Verona. Dal 1387 al 1404 passò ai Visconti di Milano. Nel 1404 infatti, il principe vescovo Giorgio di Lichtenstein riscattò Riva da Francesco da Carrara, allora signore di Verona. Da quella data e fino al 1440 fu occupata in fasi alterne dai Conti del Tirolo e dai Visconti, fino ad entrare in possesso, stabilmente fino al 1509, della Repubblica di Venezia. Nuovamente occupata dalle truppe vescovili e imperiali, nel 1521 l'imperatore Carlo V la cedette al Principe Vescovo Bernardo Clesio. Rimase territorio vescovile fino alla secolarizzazione di questo (1803). Riva del Garda subì nel 1703 la devastazione dei Francesi del generale Vendòme, durante la guerra di successione spagnola. Nel 1796 fu occupata dalle truppe napoleoniche, nel 1803 fu annessa al Tirolo; dal 1806 al 1809 passò sotto il regno di Baviera e nel 1810 fece parte dei territori del napoleonico Regno d'Italia.
Nel 1814, con il ritorno sotto la giurisdizione imperiale austriaca fu sede di Giudizio distrettuale, Commissariato e Pretura, diventando sede di Capitanato distrettuale (1868), competente sui territori di Arco e della Val di Ledro fino all'annessione al Regno d'Italia (1923).
Riva è una città mercantile di antica tradizione e assurse a importanza turistica internazionale nella seconda metà del XIX° secolo quando fu riscoperta, per il suo clima e le sue bellezze ambientali, dall'élite mitteleuropea. Già nel 1824 si diede inizio ad un regolare servizio di navigazione sul lago con scalo a Riva e Peschiera. Nel 1891 una linea ferroviaria secondaria la collegò a Mori ed alla linea ferroviaria del Brennero. A cavallo del secolo la cittadina alto-gardesana fu luogo di soggiorno di celebri personaggi della cultura. Franz KAFKA (nel 1909 e nel 1913) e i fratelli Thomas e Heinrich MANN (1902) trovarono ospitalità in un celebre "SANATORIUM" (centro di cura e soggiorno per il metodo Kneipp) gestito dalla famiglia di medici von Hartungen.
Nel secondo dopoguerra si è assistito al rilancio turistico lacustre su modello adriatico, che ha fatto del territorio rivano uno dei principali poli turistici e insediativi del Trentino, ma nello stesso tempo ha causato notevoli dissesti al patrimonio paesaggistico-culturale.
Da: Aldo Gorfer, Le Valli del Trentino.Trentino occidentale, II ed., Calliano (TN), Manfrini, 1975, p. 224
Appartenne da tempi remoti al Principato Vescovile di Trento, come dimostrano i documenti del 1124, con cui il Principe vescovo Altemanno concede agli uomini di Riva la facoltà di costruirsi un castello, riservati i diritti di signoria al vescovo e, del 1155, con cui vengono fissati i tributi, gli oneri e le prestazioni dovute dai rivani al Vescovo. Nel 1349 il vescovo di Trento Giovanni da Pistoia vendette Riva e i luoghi circonvicini a Mastino della Scala, signore di Verona. Dal 1387 al 1404 passò ai Visconti di Milano. Nel 1404 infatti, il principe vescovo Giorgio di Lichtenstein riscattò Riva da Francesco da Carrara, allora signore di Verona. Da quella data e fino al 1440 fu occupata in fasi alterne dai Conti del Tirolo e dai Visconti, fino ad entrare in possesso, stabilmente fino al 1509, della Repubblica di Venezia. Nuovamente occupata dalle truppe vescovili e imperiali, nel 1521 l'imperatore Carlo V la cedette al Principe Vescovo Bernardo Clesio. Rimase territorio vescovile fino alla secolarizzazione di questo (1803). Riva del Garda subì nel 1703 la devastazione dei Francesi del generale Vendòme, durante la guerra di successione spagnola. Nel 1796 fu occupata dalle truppe napoleoniche, nel 1803 fu annessa al Tirolo; dal 1806 al 1809 passò sotto il regno di Baviera e nel 1810 fece parte dei territori del napoleonico Regno d'Italia.
Nel 1814, con il ritorno sotto la giurisdizione imperiale austriaca fu sede di Giudizio distrettuale, Commissariato e Pretura, diventando sede di Capitanato distrettuale (1868), competente sui territori di Arco e della Val di Ledro fino all'annessione al Regno d'Italia (1923).
Riva è una città mercantile di antica tradizione e assurse a importanza turistica internazionale nella seconda metà del XIX° secolo quando fu riscoperta, per il suo clima e le sue bellezze ambientali, dall'élite mitteleuropea. Già nel 1824 si diede inizio ad un regolare servizio di navigazione sul lago con scalo a Riva e Peschiera. Nel 1891 una linea ferroviaria secondaria la collegò a Mori ed alla linea ferroviaria del Brennero. A cavallo del secolo la cittadina alto-gardesana fu luogo di soggiorno di celebri personaggi della cultura. Franz KAFKA (nel 1909 e nel 1913) e i fratelli Thomas e Heinrich MANN (1902) trovarono ospitalità in un celebre "SANATORIUM" (centro di cura e soggiorno per il metodo Kneipp) gestito dalla famiglia di medici von Hartungen.
Nel secondo dopoguerra si è assistito al rilancio turistico lacustre su modello adriatico, che ha fatto del territorio rivano uno dei principali poli turistici e insediativi del Trentino, ma nello stesso tempo ha causato notevoli dissesti al patrimonio paesaggistico-culturale.
Da: Aldo Gorfer, Le Valli del Trentino.Trentino occidentale, II ed., Calliano (TN), Manfrini, 1975, p. 224
Gif (foto in movimento)
L'ambiente di Nago e Torbole è caratterizzato da forti contrasti che lo rendono particolarmente affascinante ed interessante. In breve spazio, infatti, si va dal lago "mediterraneo" (70 m sul livello del mare) alle cime del Monte Baldo (oltre i 2000 m).
Questa particolare configurazione del territorio è dovuta all'azione dei ghiacciai. Ciò è ben attestato dal lungo solco vallivo percorso dal fiume Sarca ed occupato, nella sua parte terminale, dal lago, dalle morene presenti nella campagna di Nago e dai numerosissimi pozzi glaciali, i più grandi dei quali sono noti come "Marmitte dei Giganti".
La presenza umana in questo territorio è documentata fin dal paleolitico. La nostra comunità, però, raccolta attorno all'antichissima Pieve di S.Vigilio, si affaccia alla storia solo nel 1041 in occasione di una liteconfinaria con quelli di Mori. In seguito, per la gestione delle risorse comunitarie, la "Spettabile comunità di Nago e Torbole" si diede degli "Statuti et Ordini" che rimasero in vigore fino agli inizi dell'Ottocento. La vita di Nago e Torbole, inserite per lunghi secoli in una zona di confine, è stata segnata dallo scontro e dall'incontro i cui segni sono rintracciabili nel porto, nel castel Pénede, nel Forte di Nago, nelle numerose tracce lasciate dalle due guerre mondiali e nella memoria della comunità che durante la prima guerra mondiale, abbandonate le proprie case, fu dispersa come profuga nelle province interne dell'Impero.
Dal territorio la comunità ha tratto il necessario per vivere, soprattutto con l'agricoltura e la pesca. L'economia tradizionale, infine, dopo aver conosciuto una grave crisi nella seconda metà dell'Ottocento che diede origine ad un sensibile movimento migratorio, è stata affiancata e poi soppiantata dall'economia turistica.
Questa particolare configurazione del territorio è dovuta all'azione dei ghiacciai. Ciò è ben attestato dal lungo solco vallivo percorso dal fiume Sarca ed occupato, nella sua parte terminale, dal lago, dalle morene presenti nella campagna di Nago e dai numerosissimi pozzi glaciali, i più grandi dei quali sono noti come "Marmitte dei Giganti".
La presenza umana in questo territorio è documentata fin dal paleolitico. La nostra comunità, però, raccolta attorno all'antichissima Pieve di S.Vigilio, si affaccia alla storia solo nel 1041 in occasione di una liteconfinaria con quelli di Mori. In seguito, per la gestione delle risorse comunitarie, la "Spettabile comunità di Nago e Torbole" si diede degli "Statuti et Ordini" che rimasero in vigore fino agli inizi dell'Ottocento. La vita di Nago e Torbole, inserite per lunghi secoli in una zona di confine, è stata segnata dallo scontro e dall'incontro i cui segni sono rintracciabili nel porto, nel castel Pénede, nel Forte di Nago, nelle numerose tracce lasciate dalle due guerre mondiali e nella memoria della comunità che durante la prima guerra mondiale, abbandonate le proprie case, fu dispersa come profuga nelle province interne dell'Impero.
Dal territorio la comunità ha tratto il necessario per vivere, soprattutto con l'agricoltura e la pesca. L'economia tradizionale, infine, dopo aver conosciuto una grave crisi nella seconda metà dell'Ottocento che diede origine ad un sensibile movimento migratorio, è stata affiancata e poi soppiantata dall'economia turistica.
Appunti
di storia locale
Sul territorio del Comune di Nago-Torbole, sono state trovate dagli archeologi delle "tracce" che parrebbero testimoniare il passaggio attraverso la conca di Nago di cacciatori del Paleolitico superiore finale (circa 8.000 anni a. C.). La più antica traccia di presenza umana nel territorio del nostro comune è un blocco di selce a lamelle piccole trovata a Nago in un orto di Via Naschione e ora conservato presso il museo di scienze naturali di Trento. La seconda presenza più antica sono delle selci molto patinate provenienti da un'ansa del lago di Loppio. Altri siti che hanno restituito reperti attestanti il passaggio tra il Paleolitico e il Mesolitico (circa 5.500 anni a. C.) sono i Prati di Nago e Pré Alta. In località Orno è stata trovata una sepoltura dell'età del Rame (3.000 a. C.) mentre presenze umane dell'età del Bronzo sono testimoniate da reperti venuti alla luce al Coel di Nago. Ricerche archeologiche effettuate anche al di fuori del terriorio comunale danno comunque per certa fin dalle prime fasi del ritiro dei ghiacciai, la presenza di cacciatori sul monte Baldo al seguito di branchi di erbivori quali camosci e stambecchi che ne invadevano i pascoli e percorrevano antichi sentieri, forse da loro stessi creati. Una sicura presenza preistorica nella nostra zona è testimoniata anche da recenti frammenti ceramici, manufatti litici e resti di ossa venuti alla luce a fianco della strada che sale da T orbole a Nago, vicino ad un pozzo glaciale.
Per quanto riguarda invece l'epoca storica, sul dosso di Penede, dove ora ci sono le rovine dell'antico castello, sono state trovate reliquie galliche accanto a monete (da Vespasiano a Costantino) e a tombe romane. Nel corso di scavi effettuati nel secolo scorso furono portati alla luce sepolcri antichi con medaglie, candelieri di vetro, monete, lumi eterni, ossa: evidentemente una necropoli romana, cui si aggiungono reperti più recenti come la splendida chiave di legno trovata nel pozzo di una villa rustica romana (in località Aquaìs), una statuina in marmo decorata "a palmetta", incastonata alla base del campanile della chiesa arcipretale di Nago. Lo stesso nome Penede è toponimo preromano (che significa cresta, monte, picco). tracce di presenze romane furono rinvenute anche a T empesta, località a sud di Torbole. Il nostro è dunque un luogo abitato fin dalla preistoria, con importanti rinvenimenti archeologici che ci dicono di una presenza romana.
Nel 49 a. C. Giulio Cesare concesse, al termine del suo lungo proconsolato nelle Gallie, la cittadinanza romana a tutti i Transpadani, e nel 46 a.C., primo anno della sua dittatura, elargì a tutte le maggiori città dell'Italia l'uguaglianza e la parità dei diritti con Roma e la piena indipendenza. Il Basso Sarca fu allora aggregato alla giurisdizione di Brescia, che era assurta alla dignità di Municipio romano, iscritto alla tribù Fabia. Nago e Torbole ne facevano parte, insieme con il Trentino meridionale, dove faranno il loro ingresso la lingua e la cultura latina e la religione di Roma con le sue divinità e i suoi riti.
Il Cristianesimo penetrò nei nostri paesi verso la fine del 400 soprattutto per opera di san Vigilio, terzo vescovo di Trento, che predicò il Vangelo lungo tutta la sponda veronese del Garda, come è testimoniato da una ricca toponomastica.
Ma non esiste una storia scritta e documentata relativa alle vicende di Nago e di Torbole nell'alto medio-evo. Possiamo pensare che la nostra comunità visse il dramma delle invasioni barbariche degli Eruli e degli Ostrogoti, dei Longobardi e dei Franchi con le guerre, i saccheggi, le espropriazioni delle terre e le pestilenze che sempre ed ovunque si accompagnarono a quei tristi eventi. Sappiamo che durante la dominazione dei Bizantini le terre del Basso Sarca furono riunite in un'unica entità economica che prese il nome di "curtis", corte. Nago e Torbole appartenevano allora alla Curtis Ripae (Corte di Riva), dove era la sede dell'amministrazione di una vasta zona intorno all'Alto Lago. I documenti scritti ci consentono di conoscere per grandi linee la nostra storia dall'anno 1171. Questa data appare su un documento che riguarda una questione di confini con Mori, agitata dalla nostra popolazione che si era nel frattempo costituita in comunità. Da allora abbiamo notizie abbastanza precise del castello di Penede, che viene via via assumendo sempre maggiore importanza come strumento di difesa. Il luogo dove sorgeva è infatti protetto tutt'intorno da montagne ripide e impervie, ed era luogo privilegiato per la difesa da eventuali attacchi esterni e da penetrazioni e irruzioni improvvise da parte di eserciti nemici. La storia di Nago e Torbole è strettamente legata alla storia del castello e alle sue vicende. Esso era un avamposto del Tirolo e dell'impero, e come tale oggetto di continue attenzioni da parte degli Stati confinanti come Verona, Venezia e Milano. Penede inoltre era conteso dai conti e dai feudatari locali: i d'Arco, i Seiano, i Castelbarco e, attraverso i secoli, vide il predominio ora del principe Vescovo di Trento, ora dell'autorità tirolese.
In quei tempi Nago era il centro della vita amministrativa e religiosa del comune. Un documento conservato presso l'archivio arcivescovile di T rento testimonia la presenza della chiesa di Nago nel XII secolo, e sappiamo che questa era tanto importante e provvista di tali mezzi che le consentivano di mantenere un Collegio di Canonici, per cui era stata elevata a Collegiata, e il suo parroco alla dignità arcipretale. Anche la chiesa di sant'Andrea a Torbole è molto antica (viene nominata per la prima volta in un documento del 1175), ma aveva minore importanza di quella di Nago, essendo a questa sottoposta. Fu durante l'occupazione di castel Penede da parte dei Castelbarco (1268-1340) che la leggenda colloca la visita di Dante Alighieri a quella potente famiglia. I suoi versi, che danno una viva descrizione del lago di Garda, ("Suso in Italia bella giace un laco...") potrebbero realmente far pensare ad un suo soggiorno in quella rocca dalla quale si domina, con uno stupefacente colpo d'occhio, l'intero lago. Nel 1439 Venezia estese il suo dominio sul Garda, già tenuto dai Visconti di Milano ed anche Nago e Torbole conobbero un periodo di circa settant'anni di dominio veneziano. Successivamente il castello e i sottoposti paesi furono un feudo dei conti d'Arco. La popolazione, tuttavia, godrà sempre di una sua autonomia amministrativa. Ne fanno fede gli antichi statuti: una serie di disposizioni che regolavano i rapporti tra i cittadini per un ordinato vivere civile, scritti e approvati da loro stessi.
Nel 1703 il generale Vendome, a capo di un esercito franco-ispano impegnato nella guerra di Successione spagnola, invase il Trentino occidentale e distrusse, tra l'altro, castel Penede, di cui da allora resteranno solo le rovine. Anche la rivoluzione francese ebbe riflessi nei nostri paesi, che assistettero ad un continuo passaggio e stanziamento di truppe, finché nel 1810 il Tirolo meridionale passò, per volontà di Napoleone, al Regno d'Italia. Il Congresso di Vienna (1815) assegnò poi il Trentino all'Austria, che lo tenne fino alla fine della prima guerra mondiale (1918), quando fu unito all'Italia.
Galeas per Montes
La piccola e suggestiva valletta di Santa Lucia, che scende da Nago verso T orbole ai piedi delle rocce precipiti di castel Penede, fu testimone nel 1439 di un fatto straordinario: il passaggio di una intera flotta veneziana formata da sei galee e 25 imbarcazioni più leggere. L'idea di una simile impresa fu di un vecchio uomo di mare, Sorbolo da Candia, che la espose al Senato della Serenissima ottenendone tutti i mezzi necessari per la sua realizzazione.
Nel 1438 scoppia la terza Guerra lombarda, che vede contrapposte due antiche rivali: Milano, allora governata da Filippo Maria Visconti e Venezia, la Serenissima repubblica che, dominatrice dei mari, cercava ora di consolidare il suo dominio anche sulla terraferma. Gli eserciti erano comandati da due famosi capitani di ventura: Niccolò Piccinino al servizio dei Visconti ed Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, al soldo della Serenissima.
In quello stesso anno Brescia, allora in possesso di Venezia, viene cinta d'assedio dal Piccinino, e la città chiede rinforzi e vettovaglie. Ma risulta difficile avvicinarsi, perché i Visconti controllano tutta la pianura Padana fino a Verona, ed anche le Giudicarie sono governate da feudatari che gli sono amici. L'unica via di accesso sono dunque le valli di Ledro e del Chiese, attraverso le quali sarebbe possibile prendere il nemico alle spalle. Ma per risalire la valle di Ledro attraverso il Ponale, è necessario avere il dominio e il controllo delle acque dell'Alto Garda. Ed è qui che si rivela la grande abilità strategica dei veneziani e la loro determinazione davanti ad imprese che sembravano a prima vista impossibili. Sorbolo di Candia conosce l'Adige ed ha notizie precise sulla sua navigabilità; conosce anche la strada che unisce Mori a Torbole attraverso il passo di San Giovanni e ritiene possibile, navigando a ritroso, portare una piccola flotta lungo l'Adige e successivamente farla scendere a Torbole. Forte di questa sua idea si fa introdurre in Senato a Venezia e la illustra agli attenti senatori. "Fu stimato costui pazzo alla prima, parendo loro impossibile, che ciò far si potesse; ma essendo poi stati avvertiti colui non essere altrimenti pazzo, ma di grande ingegno, e giudizio, cominciarono a dagli orecchie...". Così scrive uno storico dell'epoca, Gerolamo dalla Corte, gentiluomo veronese. Il Senato dà dunque ordini all'Arsenale di predisporre quanto il Sorbolo chiedeva, e alle città e alle popolazioni che si trovavano lungo l'Adige di obbedirgli. Galee e galeoni muovono da Venezia nel novembre del 1438, risalgono l'Adige e giungono a Mori. "Quivi cavatigli dal fiume e postigli sotto i maggiori di mano in mano legni rotondi, che potessero facilmente scorrere, et attaccativi de' buoi giunti a due, et a quattro gli condusse nel lago di Santo Andrea (lago di Loppio)... gli altri minori fecevi condurre sopra certi gran carri fatti a posta...". Dopo Loppio fu necessario un maggiore impiego di forza per superare la salita di San Giovanni, ed essendo inoltre il percorso accidentato e segnato da grossi massi, "fu necessario usare un gran numero di guastatori per togliergli e spianar il luogo...". Ma la difficoltà maggiore fu incontrata nella discesa verso Torbole, ed in particolare nella valletta di Santa Lucia. Sentiamo ancora il nostro storico: "Chi ha veduto quei luoghi per dove questa armata fu condutta, e l'erta e scoscesa salita, e precipitosa discesa di que' monti, stima impossibile, che ingegno, o forza umana abbia potuto ciò fare, considerando la grandezza ed il peso delle cose, che lassù furon tirate, e di lassù poi nel fondo calate; nel che fu forse maggiore difficultà, e pericolo, che nel tirarle in su non era stato...". Nel febbraio del 1439 la flotta fu varata nel porto di Torbole. I veneziani speravano, contando sulla loro antica esperienza nelle battaglie navali, di vincere i milanesi sul lago, ma ne furono sconfitti al largo di Maderno, e la loro flotta, il cui trasferimento sul Garda tanta fatica era costata, venne distrutta. La fermezza dei veneti seppe tuttavia vincere lo sconforto. Si rimisero al lavoro e costruirono, questa volta sulla spiaggia di Torbole, una nuova flotta. "Acciocché non paresse che avessero perduto l'animo, ordinarono una nuova armata, da essere posta in lago con diverso modo da quello di prima, cioè che i legnami e le altre materie fossero condotte a T orbole su seicento carri...". Il 17 maggio 1440 i veneziani sconfissero la flotta milanese al largo di Torbole, vicino al Ponale, e Brescia poté ricevere finalmente i vettovagliamenti attraverso il lago. L'evento storico che abbiamo raccontato ebbe vasta risonanza, e fu anche figurativamente rappresentato. Un'antica carta geografica dei domini veneziani sulla terraferma, oggi conservata presso l'Archivio di Stato di Venezia, riproduce il trasporto della flotta attraverso la montagna. Grazie ad essa disponiamo delle più antiche immagini dei castelli di Arco, Tenno e Penede, che vi sono raffigurati. L'avvenimento è ricordato anche da un affresco che si trova sul soffitto di una sala del palazzo ducale di Venezia. Il Sorbolo ebbe onori solenni a Venezia. Il Senato lo ringraziò per la sua perizia "... in conducendo galeas per montes in lacu Gardae cum gloria nostra...".
Ospiti Illustri
Michel Eyquem Montaigne. Il primo ospite di fama mondiale che visitò Torbole e che lasciò qualche appunto della visita nel suo diario, fu M. E. Montaigne (1533-1592) nell'ottobre del 1580. Filosofo francese di grande valore, è noto per i suoi Saggi, una profonda indagine sulla condizione umana e capolavoro di tutte le letterature di ogni tempo. Il suo viaggio in Italia, e la visita a Torbole, sono descritti nel diario che reca il titolo Journal.
Wolfgang Goethe. Il grande poeta tedesco (Francoforte sul Meno 1749-Weimar 1832) soggiornò a T orbole il 12 settembre 1786, in casa di Martino Alberti, segnata da una lapide, nella piazza centrale. Nei suoi Tagebuchern racconta, con parole di simpatia per i suoi ospiti, i particolari del soggiorno a T orbole, dove ebbe l'ispirazione per riprendere la stesura dell'ifigenia, che da tempo aveva abbandonata.
Giuseppe II d'Asburgo. Si tratta dell'imperatore d'Austria (dal 1780 al 1790), figlio di Maria T eresa. Il 24 luglio 1765, 21 anni prima di Goethe, visitò T orbole, dove prese alloggio in un antico palazzo gentilizio, nella piazza centrale. Una lapide in marmo rosso, con cornice marmorea e fregi, ricorda l'evento. Quella di Giuseppe II è figura nota e anche popolare per alcune rifome fondamentali da lui introdotte.
Hans Lietzmann. T ra le persone che diedero lustro al nostro paese con la loro presenza va ricordato il pittore tedesco H. Lietzmann (Berlino 1872-Riva del Garda 1955), che verso la fine del secolo scorso elesse Torbole come sua seconda patria e contribuì efficacemente, con la sua arte, a farlo conoscere presso i suoi connazionali. La sua opera più nota è una serie di quadri che illustrano la Bibbia, dipinti su commissione della Società Prussiana della Bibbia (Preussichen Haupt - Bibelgesellschaft).
Carl Dallago. Nasce a Bolzano il 14 gennaio 1869, figlio del commerciante Joseph Dallago, originario di Borgo Valsugana con lontane radici gardensi, e di Johanna Platt(n)er di Terlano. Vive tra l'Alto Adige, il Trentino, Riva del Garda, Nago-Torbole, Varena in Val di Fiemme e il Tirolo del Nord. Muore a Innsbruck il 18 gennaio 1949. Pensatore di lingua tedesca, aperto alla cultura italiana ed europea, pacifista e antifascista, nemico di ogni forma di sciovinismo e totalitarismo, animatore del Brenner-Kreis di Innsbruck e della rivista d'avanguardia "Der Brenner", collegata alla grande Vienna di Kraus e di Wittgenstein, dedica la sua vita alla poesia e alla scrittura filosofica, elaborando una particolare concezione della soggettività e del paesaggio, che rifiuta la modernità in nome di un'unità originaria ed evoca suggestioni Kierkegaardiane e nietzscheane, nonchè riferimenti cristologici e taoisti.
Marie Steinbecker. (1879-1968) Giunse a T orbole da Monaco di Baviera il 04 luglio 1908, sola ed in bicicletta, con lo zaino in spalla ed una macchina fotografica, per frequentare la scuola di nudo aperta da Hans Lietzmann in riva al Lago di Garda. Marie Steinbecker era nata a Lippstadt (Westfalia), e aveva conseguito l'abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole superiori presso la Reale Scuola d'Arte di Berlino nel 1901. Probabilmente fu a Monaco, dove Lietzmann era conosciuto, che Marie Steinbecker decise di compiere il viaggio studio a T orbole, attratta anche dalle descrizioni che Goethe aveva fornito di quella zona. La Steinbecker soggiornò a T orbole nei mesi di luglio, agosto e settembre del 1908, poi tornò a Lippstadt dove dal 1911 al 1938 insegnò presso il Liceo Evangelico cittadino. Morì a Lippstadt il 18 maggio 1968.
ALTRE PERSONALITA' RICORDATE CON MONUMENTI:
Antonio Gazzoletti poeta-patriota (1813-1866); Scipio Sighele sociologo (1868-1913); Vincenzo Errante traduttore (1890-1951); Sisto Mazzoldi vescovo missionario (1898-1987); Maurizio Rosà vescovo missionario (1888-1961); Arturo De Bonetti patriota (1889-1915); William O. Darby generale dell'esercito americano (1911-1945).
Sul territorio del Comune di Nago-Torbole, sono state trovate dagli archeologi delle "tracce" che parrebbero testimoniare il passaggio attraverso la conca di Nago di cacciatori del Paleolitico superiore finale (circa 8.000 anni a. C.). La più antica traccia di presenza umana nel territorio del nostro comune è un blocco di selce a lamelle piccole trovata a Nago in un orto di Via Naschione e ora conservato presso il museo di scienze naturali di Trento. La seconda presenza più antica sono delle selci molto patinate provenienti da un'ansa del lago di Loppio. Altri siti che hanno restituito reperti attestanti il passaggio tra il Paleolitico e il Mesolitico (circa 5.500 anni a. C.) sono i Prati di Nago e Pré Alta. In località Orno è stata trovata una sepoltura dell'età del Rame (3.000 a. C.) mentre presenze umane dell'età del Bronzo sono testimoniate da reperti venuti alla luce al Coel di Nago. Ricerche archeologiche effettuate anche al di fuori del terriorio comunale danno comunque per certa fin dalle prime fasi del ritiro dei ghiacciai, la presenza di cacciatori sul monte Baldo al seguito di branchi di erbivori quali camosci e stambecchi che ne invadevano i pascoli e percorrevano antichi sentieri, forse da loro stessi creati. Una sicura presenza preistorica nella nostra zona è testimoniata anche da recenti frammenti ceramici, manufatti litici e resti di ossa venuti alla luce a fianco della strada che sale da T orbole a Nago, vicino ad un pozzo glaciale.
Per quanto riguarda invece l'epoca storica, sul dosso di Penede, dove ora ci sono le rovine dell'antico castello, sono state trovate reliquie galliche accanto a monete (da Vespasiano a Costantino) e a tombe romane. Nel corso di scavi effettuati nel secolo scorso furono portati alla luce sepolcri antichi con medaglie, candelieri di vetro, monete, lumi eterni, ossa: evidentemente una necropoli romana, cui si aggiungono reperti più recenti come la splendida chiave di legno trovata nel pozzo di una villa rustica romana (in località Aquaìs), una statuina in marmo decorata "a palmetta", incastonata alla base del campanile della chiesa arcipretale di Nago. Lo stesso nome Penede è toponimo preromano (che significa cresta, monte, picco). tracce di presenze romane furono rinvenute anche a T empesta, località a sud di Torbole. Il nostro è dunque un luogo abitato fin dalla preistoria, con importanti rinvenimenti archeologici che ci dicono di una presenza romana.
Nel 49 a. C. Giulio Cesare concesse, al termine del suo lungo proconsolato nelle Gallie, la cittadinanza romana a tutti i Transpadani, e nel 46 a.C., primo anno della sua dittatura, elargì a tutte le maggiori città dell'Italia l'uguaglianza e la parità dei diritti con Roma e la piena indipendenza. Il Basso Sarca fu allora aggregato alla giurisdizione di Brescia, che era assurta alla dignità di Municipio romano, iscritto alla tribù Fabia. Nago e Torbole ne facevano parte, insieme con il Trentino meridionale, dove faranno il loro ingresso la lingua e la cultura latina e la religione di Roma con le sue divinità e i suoi riti.
Il Cristianesimo penetrò nei nostri paesi verso la fine del 400 soprattutto per opera di san Vigilio, terzo vescovo di Trento, che predicò il Vangelo lungo tutta la sponda veronese del Garda, come è testimoniato da una ricca toponomastica.
Ma non esiste una storia scritta e documentata relativa alle vicende di Nago e di Torbole nell'alto medio-evo. Possiamo pensare che la nostra comunità visse il dramma delle invasioni barbariche degli Eruli e degli Ostrogoti, dei Longobardi e dei Franchi con le guerre, i saccheggi, le espropriazioni delle terre e le pestilenze che sempre ed ovunque si accompagnarono a quei tristi eventi. Sappiamo che durante la dominazione dei Bizantini le terre del Basso Sarca furono riunite in un'unica entità economica che prese il nome di "curtis", corte. Nago e Torbole appartenevano allora alla Curtis Ripae (Corte di Riva), dove era la sede dell'amministrazione di una vasta zona intorno all'Alto Lago. I documenti scritti ci consentono di conoscere per grandi linee la nostra storia dall'anno 1171. Questa data appare su un documento che riguarda una questione di confini con Mori, agitata dalla nostra popolazione che si era nel frattempo costituita in comunità. Da allora abbiamo notizie abbastanza precise del castello di Penede, che viene via via assumendo sempre maggiore importanza come strumento di difesa. Il luogo dove sorgeva è infatti protetto tutt'intorno da montagne ripide e impervie, ed era luogo privilegiato per la difesa da eventuali attacchi esterni e da penetrazioni e irruzioni improvvise da parte di eserciti nemici. La storia di Nago e Torbole è strettamente legata alla storia del castello e alle sue vicende. Esso era un avamposto del Tirolo e dell'impero, e come tale oggetto di continue attenzioni da parte degli Stati confinanti come Verona, Venezia e Milano. Penede inoltre era conteso dai conti e dai feudatari locali: i d'Arco, i Seiano, i Castelbarco e, attraverso i secoli, vide il predominio ora del principe Vescovo di Trento, ora dell'autorità tirolese.
In quei tempi Nago era il centro della vita amministrativa e religiosa del comune. Un documento conservato presso l'archivio arcivescovile di T rento testimonia la presenza della chiesa di Nago nel XII secolo, e sappiamo che questa era tanto importante e provvista di tali mezzi che le consentivano di mantenere un Collegio di Canonici, per cui era stata elevata a Collegiata, e il suo parroco alla dignità arcipretale. Anche la chiesa di sant'Andrea a Torbole è molto antica (viene nominata per la prima volta in un documento del 1175), ma aveva minore importanza di quella di Nago, essendo a questa sottoposta. Fu durante l'occupazione di castel Penede da parte dei Castelbarco (1268-1340) che la leggenda colloca la visita di Dante Alighieri a quella potente famiglia. I suoi versi, che danno una viva descrizione del lago di Garda, ("Suso in Italia bella giace un laco...") potrebbero realmente far pensare ad un suo soggiorno in quella rocca dalla quale si domina, con uno stupefacente colpo d'occhio, l'intero lago. Nel 1439 Venezia estese il suo dominio sul Garda, già tenuto dai Visconti di Milano ed anche Nago e Torbole conobbero un periodo di circa settant'anni di dominio veneziano. Successivamente il castello e i sottoposti paesi furono un feudo dei conti d'Arco. La popolazione, tuttavia, godrà sempre di una sua autonomia amministrativa. Ne fanno fede gli antichi statuti: una serie di disposizioni che regolavano i rapporti tra i cittadini per un ordinato vivere civile, scritti e approvati da loro stessi.
Nel 1703 il generale Vendome, a capo di un esercito franco-ispano impegnato nella guerra di Successione spagnola, invase il Trentino occidentale e distrusse, tra l'altro, castel Penede, di cui da allora resteranno solo le rovine. Anche la rivoluzione francese ebbe riflessi nei nostri paesi, che assistettero ad un continuo passaggio e stanziamento di truppe, finché nel 1810 il Tirolo meridionale passò, per volontà di Napoleone, al Regno d'Italia. Il Congresso di Vienna (1815) assegnò poi il Trentino all'Austria, che lo tenne fino alla fine della prima guerra mondiale (1918), quando fu unito all'Italia.
Galeas per Montes
La piccola e suggestiva valletta di Santa Lucia, che scende da Nago verso T orbole ai piedi delle rocce precipiti di castel Penede, fu testimone nel 1439 di un fatto straordinario: il passaggio di una intera flotta veneziana formata da sei galee e 25 imbarcazioni più leggere. L'idea di una simile impresa fu di un vecchio uomo di mare, Sorbolo da Candia, che la espose al Senato della Serenissima ottenendone tutti i mezzi necessari per la sua realizzazione.
Nel 1438 scoppia la terza Guerra lombarda, che vede contrapposte due antiche rivali: Milano, allora governata da Filippo Maria Visconti e Venezia, la Serenissima repubblica che, dominatrice dei mari, cercava ora di consolidare il suo dominio anche sulla terraferma. Gli eserciti erano comandati da due famosi capitani di ventura: Niccolò Piccinino al servizio dei Visconti ed Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, al soldo della Serenissima.
In quello stesso anno Brescia, allora in possesso di Venezia, viene cinta d'assedio dal Piccinino, e la città chiede rinforzi e vettovaglie. Ma risulta difficile avvicinarsi, perché i Visconti controllano tutta la pianura Padana fino a Verona, ed anche le Giudicarie sono governate da feudatari che gli sono amici. L'unica via di accesso sono dunque le valli di Ledro e del Chiese, attraverso le quali sarebbe possibile prendere il nemico alle spalle. Ma per risalire la valle di Ledro attraverso il Ponale, è necessario avere il dominio e il controllo delle acque dell'Alto Garda. Ed è qui che si rivela la grande abilità strategica dei veneziani e la loro determinazione davanti ad imprese che sembravano a prima vista impossibili. Sorbolo di Candia conosce l'Adige ed ha notizie precise sulla sua navigabilità; conosce anche la strada che unisce Mori a Torbole attraverso il passo di San Giovanni e ritiene possibile, navigando a ritroso, portare una piccola flotta lungo l'Adige e successivamente farla scendere a Torbole. Forte di questa sua idea si fa introdurre in Senato a Venezia e la illustra agli attenti senatori. "Fu stimato costui pazzo alla prima, parendo loro impossibile, che ciò far si potesse; ma essendo poi stati avvertiti colui non essere altrimenti pazzo, ma di grande ingegno, e giudizio, cominciarono a dagli orecchie...". Così scrive uno storico dell'epoca, Gerolamo dalla Corte, gentiluomo veronese. Il Senato dà dunque ordini all'Arsenale di predisporre quanto il Sorbolo chiedeva, e alle città e alle popolazioni che si trovavano lungo l'Adige di obbedirgli. Galee e galeoni muovono da Venezia nel novembre del 1438, risalgono l'Adige e giungono a Mori. "Quivi cavatigli dal fiume e postigli sotto i maggiori di mano in mano legni rotondi, che potessero facilmente scorrere, et attaccativi de' buoi giunti a due, et a quattro gli condusse nel lago di Santo Andrea (lago di Loppio)... gli altri minori fecevi condurre sopra certi gran carri fatti a posta...". Dopo Loppio fu necessario un maggiore impiego di forza per superare la salita di San Giovanni, ed essendo inoltre il percorso accidentato e segnato da grossi massi, "fu necessario usare un gran numero di guastatori per togliergli e spianar il luogo...". Ma la difficoltà maggiore fu incontrata nella discesa verso Torbole, ed in particolare nella valletta di Santa Lucia. Sentiamo ancora il nostro storico: "Chi ha veduto quei luoghi per dove questa armata fu condutta, e l'erta e scoscesa salita, e precipitosa discesa di que' monti, stima impossibile, che ingegno, o forza umana abbia potuto ciò fare, considerando la grandezza ed il peso delle cose, che lassù furon tirate, e di lassù poi nel fondo calate; nel che fu forse maggiore difficultà, e pericolo, che nel tirarle in su non era stato...". Nel febbraio del 1439 la flotta fu varata nel porto di Torbole. I veneziani speravano, contando sulla loro antica esperienza nelle battaglie navali, di vincere i milanesi sul lago, ma ne furono sconfitti al largo di Maderno, e la loro flotta, il cui trasferimento sul Garda tanta fatica era costata, venne distrutta. La fermezza dei veneti seppe tuttavia vincere lo sconforto. Si rimisero al lavoro e costruirono, questa volta sulla spiaggia di Torbole, una nuova flotta. "Acciocché non paresse che avessero perduto l'animo, ordinarono una nuova armata, da essere posta in lago con diverso modo da quello di prima, cioè che i legnami e le altre materie fossero condotte a T orbole su seicento carri...". Il 17 maggio 1440 i veneziani sconfissero la flotta milanese al largo di Torbole, vicino al Ponale, e Brescia poté ricevere finalmente i vettovagliamenti attraverso il lago. L'evento storico che abbiamo raccontato ebbe vasta risonanza, e fu anche figurativamente rappresentato. Un'antica carta geografica dei domini veneziani sulla terraferma, oggi conservata presso l'Archivio di Stato di Venezia, riproduce il trasporto della flotta attraverso la montagna. Grazie ad essa disponiamo delle più antiche immagini dei castelli di Arco, Tenno e Penede, che vi sono raffigurati. L'avvenimento è ricordato anche da un affresco che si trova sul soffitto di una sala del palazzo ducale di Venezia. Il Sorbolo ebbe onori solenni a Venezia. Il Senato lo ringraziò per la sua perizia "... in conducendo galeas per montes in lacu Gardae cum gloria nostra...".
Ospiti Illustri
Michel Eyquem Montaigne. Il primo ospite di fama mondiale che visitò Torbole e che lasciò qualche appunto della visita nel suo diario, fu M. E. Montaigne (1533-1592) nell'ottobre del 1580. Filosofo francese di grande valore, è noto per i suoi Saggi, una profonda indagine sulla condizione umana e capolavoro di tutte le letterature di ogni tempo. Il suo viaggio in Italia, e la visita a Torbole, sono descritti nel diario che reca il titolo Journal.
Wolfgang Goethe. Il grande poeta tedesco (Francoforte sul Meno 1749-Weimar 1832) soggiornò a T orbole il 12 settembre 1786, in casa di Martino Alberti, segnata da una lapide, nella piazza centrale. Nei suoi Tagebuchern racconta, con parole di simpatia per i suoi ospiti, i particolari del soggiorno a T orbole, dove ebbe l'ispirazione per riprendere la stesura dell'ifigenia, che da tempo aveva abbandonata.
Giuseppe II d'Asburgo. Si tratta dell'imperatore d'Austria (dal 1780 al 1790), figlio di Maria T eresa. Il 24 luglio 1765, 21 anni prima di Goethe, visitò T orbole, dove prese alloggio in un antico palazzo gentilizio, nella piazza centrale. Una lapide in marmo rosso, con cornice marmorea e fregi, ricorda l'evento. Quella di Giuseppe II è figura nota e anche popolare per alcune rifome fondamentali da lui introdotte.
Hans Lietzmann. T ra le persone che diedero lustro al nostro paese con la loro presenza va ricordato il pittore tedesco H. Lietzmann (Berlino 1872-Riva del Garda 1955), che verso la fine del secolo scorso elesse Torbole come sua seconda patria e contribuì efficacemente, con la sua arte, a farlo conoscere presso i suoi connazionali. La sua opera più nota è una serie di quadri che illustrano la Bibbia, dipinti su commissione della Società Prussiana della Bibbia (Preussichen Haupt - Bibelgesellschaft).
Carl Dallago. Nasce a Bolzano il 14 gennaio 1869, figlio del commerciante Joseph Dallago, originario di Borgo Valsugana con lontane radici gardensi, e di Johanna Platt(n)er di Terlano. Vive tra l'Alto Adige, il Trentino, Riva del Garda, Nago-Torbole, Varena in Val di Fiemme e il Tirolo del Nord. Muore a Innsbruck il 18 gennaio 1949. Pensatore di lingua tedesca, aperto alla cultura italiana ed europea, pacifista e antifascista, nemico di ogni forma di sciovinismo e totalitarismo, animatore del Brenner-Kreis di Innsbruck e della rivista d'avanguardia "Der Brenner", collegata alla grande Vienna di Kraus e di Wittgenstein, dedica la sua vita alla poesia e alla scrittura filosofica, elaborando una particolare concezione della soggettività e del paesaggio, che rifiuta la modernità in nome di un'unità originaria ed evoca suggestioni Kierkegaardiane e nietzscheane, nonchè riferimenti cristologici e taoisti.
Marie Steinbecker. (1879-1968) Giunse a T orbole da Monaco di Baviera il 04 luglio 1908, sola ed in bicicletta, con lo zaino in spalla ed una macchina fotografica, per frequentare la scuola di nudo aperta da Hans Lietzmann in riva al Lago di Garda. Marie Steinbecker era nata a Lippstadt (Westfalia), e aveva conseguito l'abilitazione all'insegnamento del disegno nelle scuole superiori presso la Reale Scuola d'Arte di Berlino nel 1901. Probabilmente fu a Monaco, dove Lietzmann era conosciuto, che Marie Steinbecker decise di compiere il viaggio studio a T orbole, attratta anche dalle descrizioni che Goethe aveva fornito di quella zona. La Steinbecker soggiornò a T orbole nei mesi di luglio, agosto e settembre del 1908, poi tornò a Lippstadt dove dal 1911 al 1938 insegnò presso il Liceo Evangelico cittadino. Morì a Lippstadt il 18 maggio 1968.
ALTRE PERSONALITA' RICORDATE CON MONUMENTI:
Antonio Gazzoletti poeta-patriota (1813-1866); Scipio Sighele sociologo (1868-1913); Vincenzo Errante traduttore (1890-1951); Sisto Mazzoldi vescovo missionario (1898-1987); Maurizio Rosà vescovo missionario (1888-1961); Arturo De Bonetti patriota (1889-1915); William O. Darby generale dell'esercito americano (1911-1945).
La seconda scala (delle tre), la più lunga
Punto di partenza di questa passeggiata panoramica sul Lago di Garda è il Porto San Nicolò, all'imbocco della prima galleria sulla statale che da Riva conduce a Torbole. Qui parcheggiamo il mezzo nei dintorni del monte Brione (che può essere meta di un'escursione a parte) facendo attenzione a che ci sia la possibilità di lasciarlo tutto il giorno oppure arriviamo con i mezzi pubblici (di qui passa anche la ATV=Azienda Trasporti Veronese per le sue corse verso la sponda veneta del Benaco, che prenderemo poi per il ritorno). Costeggiando i resti, ancora massicci, del forte che chiude il porto, camminiamo lungo la ciclabile che costeggia la statale fino a Torbole dove, dalla spiaggia, rientriamo in paese poco prima della rotatoria della Gardesana. Imbocchiamo quivi la via Strada Granda fino a trovare i cartelli per il sentiero delle Marmitte dei Giganti. Seguiamo ora questo sentiero andando in salita fino alla statale che scende da Nago e dal Lago di Loppio (SS 240) attraversandola e risalendola per pochi metri fino al piccolo spiazzo col bar. Ritroviamo qui il sentiero e, senza più attraversare la statale ma costeggiandola arriviamo a Nago poco sotto il Forte Alto (vedi sotto). Raggiungiamo il forte per la stradina asfaltata e, se abbiamo la fortuna di trovare aperto (nel nostro caso non è capitato) c'è da visitare la mostra. Nella parte inferiore c'è il ristorante, molto rinomato. Proseguendo per la stradina, che dopo poco diventa sterrata, si arriva dapprima ad un parco e poi all'entrata di Castel Penede (vedi sotto). Dopo la visita (bellissimo panorama) si prosegue il giro ad anello prendendo la stradina a dx. fino a tornare a Nago. Proseguendo verso destra lasciamo il centro del paese e cominciamo a trovare i cartelli per il Parco delle Busatte. Dal Parco ha inizio il Sentiero panoramico che segue, con pochissimo dislivello, i pendii del Monte Baldo, a circa 120 m sopra il livello dell’acqua (200 m.s.l.m). Diversi cartelli esplicativi informano sulla flora e fauna e sul panorama che vediamo dall’altro lato del Benaco. La vista è stupenda: Riva, Torbole, barche a vela e windsurf, le montagne… Oltrepassando i detriti delle Marocche, residui dell’ultima era glaciale, raggiungiamo una zona rocciosa. Qui, il sentiero passa su gradini d’acciaio, incastrati tra gli scogli sopra il lago. Poco più avanti, arriviamo ad un bivio e scegliamo il percorso a dx., che taglia un paio di curve della strada forestale. Su questa, ci avviciniamo alla località di Tempesta, girando subito a dx. appena arrivati sulla Gardesana ed aspettare l’autobus di linea (informarsi prima in internet sul sito dell'ATV sugli orari).
Il forte di Nago fu un importante elemento della cintura di difesa (più o meno trenta fortificazioni) che fu decisa dall'allora governo austro-ungarico, dopo aver perso la Lombardia nel 1859.
Il 21 dicembre del 1859 fu approvato il progetto di costruzione del forte, che fu iniziato il 1º giugno1860 dalla ditta Tomasini ed ultimato il 5 gennaio 1961 e collaudato nel 1863. Il forte era in blocchi di pietra calcarea, apparteneva quindi alla prima generazione delle fortificazioni. Il forte si trova vicino al Castel Penede, distrutto nel 1703.
Il forte era suddiviso in due parti, disposte su due diversi livelli ma connesse da una scalinata, interrotta da una polveriera. La parte superiore era più grande, mentre quella inferiore era più piccola. La fortezza superiore aveva 8 cannoniere al piano terra e 6 al piano rialzato, oltre che ad 11 feritoie al primo piano e 13 al secondo, da arma personale. Era quindi l'unico esempio, tra i forti di prima generazione, di difesa verticale. Aveva anche la funzione di tagliata chiudendo la rotabile con un portone di ferro. Le mura del forte vanno dai 2,20 metri delle fondamenta ai 1,90 delle mura esposte. All'interno il forte aveva una sorgente di acqua potabile, che lo rendeva autonomo.
L'armamento serviva per sbarrare l'Alto Garda e il Passo San Giovanni, ma durante la Grande Guerra, precisamente il 24 maggio 1915, venne disarmato. La guarnigione del forte era composta da 5 ufficiali e 148 uomini.
Castel Penede sorge su uno sperone roccioso che domina la parte settentrionale del lago di Garda. Data la sua posizione strategica il colle sul quale sorge fu sede di fortificazioni fin da tempi remoti, come dimostrano i resti di un castelliere ritrovati durante alcuni scavi. Le prime notizie del castello medievale risalgono al 1210 quando fu assegnato alla famiglia d'Arco. Tra il 1272 e il 1340 passò sotto il controllo dei Castelbarco, per poi tornare ai d'Arco che ne mantennero il possesso anche sotto il dominio degli Scaligeri e dei Visconti.
Nel 1438 fu conquistato dalle truppe del capitano di ventura Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, e entrò quindi a far parte dei domini di Venezia.
Nel 1509 l'esercito dell'imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo riconquistò riportandolo sotto l'influenza tirolese. In questo periodo il castello fu retto direttamente dai conti del Tirolo o tramite i loro vassalli, i conti d'Arco.
Nel 1703, come molti altri castelli della zona, fu distrutto dalle truppe del generale Vendôme nell'ambito della guerra di successione spagnola e mai più ricostruito.
Durante la prima guerra mondiale sul colle e nell'area del castello furono costruite delle trincee e vi venne installata una postazione d'artiglieria. Alcuni resti di queste fortificazioni sono visibili ancora oggi.
Il forte di Nago fu un importante elemento della cintura di difesa (più o meno trenta fortificazioni) che fu decisa dall'allora governo austro-ungarico, dopo aver perso la Lombardia nel 1859.
Il 21 dicembre del 1859 fu approvato il progetto di costruzione del forte, che fu iniziato il 1º giugno1860 dalla ditta Tomasini ed ultimato il 5 gennaio 1961 e collaudato nel 1863. Il forte era in blocchi di pietra calcarea, apparteneva quindi alla prima generazione delle fortificazioni. Il forte si trova vicino al Castel Penede, distrutto nel 1703.
Il forte era suddiviso in due parti, disposte su due diversi livelli ma connesse da una scalinata, interrotta da una polveriera. La parte superiore era più grande, mentre quella inferiore era più piccola. La fortezza superiore aveva 8 cannoniere al piano terra e 6 al piano rialzato, oltre che ad 11 feritoie al primo piano e 13 al secondo, da arma personale. Era quindi l'unico esempio, tra i forti di prima generazione, di difesa verticale. Aveva anche la funzione di tagliata chiudendo la rotabile con un portone di ferro. Le mura del forte vanno dai 2,20 metri delle fondamenta ai 1,90 delle mura esposte. All'interno il forte aveva una sorgente di acqua potabile, che lo rendeva autonomo.
L'armamento serviva per sbarrare l'Alto Garda e il Passo San Giovanni, ma durante la Grande Guerra, precisamente il 24 maggio 1915, venne disarmato. La guarnigione del forte era composta da 5 ufficiali e 148 uomini.
Castel Penede sorge su uno sperone roccioso che domina la parte settentrionale del lago di Garda. Data la sua posizione strategica il colle sul quale sorge fu sede di fortificazioni fin da tempi remoti, come dimostrano i resti di un castelliere ritrovati durante alcuni scavi. Le prime notizie del castello medievale risalgono al 1210 quando fu assegnato alla famiglia d'Arco. Tra il 1272 e il 1340 passò sotto il controllo dei Castelbarco, per poi tornare ai d'Arco che ne mantennero il possesso anche sotto il dominio degli Scaligeri e dei Visconti.
Nel 1438 fu conquistato dalle truppe del capitano di ventura Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, e entrò quindi a far parte dei domini di Venezia.
Nel 1509 l'esercito dell'imperatore Massimiliano I d'Asburgo lo riconquistò riportandolo sotto l'influenza tirolese. In questo periodo il castello fu retto direttamente dai conti del Tirolo o tramite i loro vassalli, i conti d'Arco.
Nel 1703, come molti altri castelli della zona, fu distrutto dalle truppe del generale Vendôme nell'ambito della guerra di successione spagnola e mai più ricostruito.
Durante la prima guerra mondiale sul colle e nell'area del castello furono costruite delle trincee e vi venne installata una postazione d'artiglieria. Alcuni resti di queste fortificazioni sono visibili ancora oggi.