Lunigiana e Alpi Apuane, tra prodotti tipici, arte e Riserve Naturali
con Sat Val Cadino
Mi è sempre piaciuto il paesaggio Appennino, così diverso dal nostro duro e roccioso panorama trentino. Ma qui siamo alle ultime propaggini alpine, laddove il gruppo montuoso principe d'Europa si getta nel mare dopo averlo affiancato ed ammirato. Da qui verso nord-nord est si degrada, tra boschi ammantati di stupendi colori autunnali verso l'Appennino Tosco-emiliano mentre se si continua a costeggiare si scende nella Versilia fino alla Maremma che è foriera d'epiteti ingrati che solo il linguaggio che fu dell'Alighieri riesce a trasformare in poesia. Non soli (in 5) saliamo a Trento sul pullman della Trentino Bus organizzato dalla Sat di Val Cadino (a scapito del nome, che evoca subito la ferrata del Rio omonimo o la scoscesa valle che sale verso il Manghen la sede è a Campodenno, in Val di Non). Ore 7 (e qualcosina). Prima di prendere la trafficatissima A1 (o Autostrada del Sole che, tanto per cambiare ci mostra il suo volto nebbioso) sosta in autogrill con caffè, panini con speck, salame, dolci, bevande (alcoliche e non) varie. Dall'A1 bypassata Parma scendiamo sulla A15 fino a Pontremoli dove ci dirigiamo subito all'Azienda Agricola Belmessere (ex Mulino Serra, ben segnalato). Non so se qui sono abituati a vedere tanta gente tutta assieme (siamo in 50) ma mi sembra di essere Neil Armstrong osservato dai seleniti (abitanti della luna n.d.r.) quel famoso 20 luglio del '69. Dopo poco però il sig. Giuseppe, con eloquio indiscutibilmente lombardo, ci addentra nello spirito e nella storia di questa piccola azienda a pochi passi da Pontremoli ed anche dal mondo. La produzione dell'azienda, la cui proprietaria è tuttora vivente, verte sul vino e sull'olio, conferito direttamente al Consorzio di Pontremoli. Qui si incontrano bene i venti e la gente delle due regioni che si dividono le valli, i boschi ed il mare il tutto posto nel giro di pochi chilometri. Bene il pranzo, assolutamente home-made anche se un po' lungo dopo la breve, per forza di cose, visita dell'azienda (sopra ci sono anche alcune camere, molto ben recensite su Trip Advisor). Usciti dopo il caffè alcuni di noi, aspettando l'ora della ripartenza verso Pontremoli, dove ci avrebbe aspettato la guida per la visita della città, hanno approfittato per un giretto intorno ai campi ed alle mura dell'antico casale. Io mi sono spinto fino al sottostante fiumiciattolo ed ho cercato, non riuscendoci del tutto, di catturare la magia del sole riflesso tra i rami e l'acqua. E' una fissa che mi porto da molto quella di cercare una foto "di luce" il sole riflesso nella macchina che regala suggestioni visibili solo allo scarico della foto sul computer. Ma tant'è, un nuovo angolo di paradiso si schiude ai miei occhi e, all'improvviso, le 4 ore di viaggio si fanno più leggere, in barba anche al non leggerissimo pranzo. Via poi verso Pontremoli, dopo l'acquisto di sei bottiglie dell'ottimo vino degustato, in doppia versione, a pranzo.
07 novembre 2015
Partenza e viaggio
Mulino Serra-Azienda Belmessere Pranzo e Dopopranzo
Devono il loro nome a uno dei poeti che meglio ha decantato la bellezza della Lunigiana, a quel Paolo Belmesseri, medico e teologo, ma soprattutto poeta, pontremolese di nascita e giramondo per scelta, che nel XVI secolo si allontanò spesso da casa - Villa La Serra - ricordandola però sempre nelle sue elegie. Con un simile genius loci non è difficile capire perché le Cantine Belmesseri abbiano deciso di onorarne la memoria e abbiano scelto La Serra, a pochi chilometri da Pontremoli, come sede dell’azienda agricola e dell’agriturismo ‘fratello’ Mulino La Serra (il mulino, così come il frantoio della casa natale del Belmesseri, risalgono al 1600). Sette ettari di terreno, due - a terrazze lungo le sponde del fiume Verde - sono dedicati alla coltivazione di vitigni autoctoni come la Durella, la Pollera e la Merlarola insieme ai Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon e Vermentino. Il marchio è stato creato nel 2009 ma ha già ottenuto riconoscimenti di qualità come il BancarellaVino.
- Indirizzo: Località Vignola - 54027 Pontremoli MS
Telefono: 3337752116
Email: [email protected]
Sito Web: http://www.cantinebelmesseri.it
Le prime tracce di presenza umana in Lunigiana affondano nel Paleolitico mentre è all’età del bronzo che vengono fatte risalire le prime Statue Stele, sculture antropomorfe la cui iconografia oggi si ritrova dappertutto - dall’insegna del supermercato ai cartelli stradali - ma di cui si sa quasi nulla.
Furono ottanta gli anni di resistenza dei Liguri Apuani contro i Romani che alla fine ebbero la meglio e nel 177 a.C vi fondarono la colonia di Luni, conquistando la terra, il marmo e il mare di Lunigiana. La diffusione del cristianesimo risale all’epoca apostolica ma le radici pagane dovevano essere profonde se i Longobardi del V e VI secolo d.C ancora ne combattevano gli idoli.
La sconfitta dei Longobardi a opera di Carlo Magno portò all’investitura a feudatari degli Obertenghi da cui poi discesero i Malaspina, signori più o meno indiscussi della Lunigiana fino a Napoleone, nonostante le divisioni interne - tra le due casate dello Spino Fiorito e dello Spino Secco - nonostante l’atomizzazione del territorio in centinaia di piccoli feudi, nonostante la rivalità coi vescovi di Luni - coi quali firmarono una pace siglata da Dante Alighieri a Castelnuovo Magra nel 1306 - e le minacce costanti delle potenze limitrofe che a turno ne conquistarono i territori: Firenze, Genova, Parma, Lucca e Milano. A renderla ghiotto bottino per i vicini, la Via Francigena e le numerose strade che l’attraversavano.
Nel 1844, chiuso il periodo napoleonico, esistevano tre Lunigiana: una assegnata al ducato di Parma - con Pontremoli e Bagnone - una sotto il ducato di Modena - con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara - e una Lunigiana assegnata al Regno di Sardegna, con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. I confini attuali, tra Toscana, Liguria ed Emilia, non rispecchiano la complessità e l’ibridazione culturale di questo territorio. Della sua importanza strategica ne rimane traccia fino al Novecento, quando è scenario della lotta di resistenza e ne sono rimaste le vestigia nell’antica strada della Cisa, oggi frequentata per lo più da motociclisti ma un tempo snodo economico e commerciale dell’intera penisola.
Sul palcoscenico della grande Storia, la Lunigiana ha vissuto le storie dei suoi signorotti e feudatari, dei suoi mugnai e contadini, dei suoi ambulanti, dei suoi lizzatori, dei suoi uomini più illuminati e dei suoi misteri che ancora aleggiano tra leggenda e voce di popolo.
Furono ottanta gli anni di resistenza dei Liguri Apuani contro i Romani che alla fine ebbero la meglio e nel 177 a.C vi fondarono la colonia di Luni, conquistando la terra, il marmo e il mare di Lunigiana. La diffusione del cristianesimo risale all’epoca apostolica ma le radici pagane dovevano essere profonde se i Longobardi del V e VI secolo d.C ancora ne combattevano gli idoli.
La sconfitta dei Longobardi a opera di Carlo Magno portò all’investitura a feudatari degli Obertenghi da cui poi discesero i Malaspina, signori più o meno indiscussi della Lunigiana fino a Napoleone, nonostante le divisioni interne - tra le due casate dello Spino Fiorito e dello Spino Secco - nonostante l’atomizzazione del territorio in centinaia di piccoli feudi, nonostante la rivalità coi vescovi di Luni - coi quali firmarono una pace siglata da Dante Alighieri a Castelnuovo Magra nel 1306 - e le minacce costanti delle potenze limitrofe che a turno ne conquistarono i territori: Firenze, Genova, Parma, Lucca e Milano. A renderla ghiotto bottino per i vicini, la Via Francigena e le numerose strade che l’attraversavano.
Nel 1844, chiuso il periodo napoleonico, esistevano tre Lunigiana: una assegnata al ducato di Parma - con Pontremoli e Bagnone - una sotto il ducato di Modena - con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara - e una Lunigiana assegnata al Regno di Sardegna, con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. I confini attuali, tra Toscana, Liguria ed Emilia, non rispecchiano la complessità e l’ibridazione culturale di questo territorio. Della sua importanza strategica ne rimane traccia fino al Novecento, quando è scenario della lotta di resistenza e ne sono rimaste le vestigia nell’antica strada della Cisa, oggi frequentata per lo più da motociclisti ma un tempo snodo economico e commerciale dell’intera penisola.
Sul palcoscenico della grande Storia, la Lunigiana ha vissuto le storie dei suoi signorotti e feudatari, dei suoi mugnai e contadini, dei suoi ambulanti, dei suoi lizzatori, dei suoi uomini più illuminati e dei suoi misteri che ancora aleggiano tra leggenda e voce di popolo.
La nostra guida, la bella e brava Alessia, ci conduce alla scoperta della medievale Pontremoli, che ammalia con i suoi vicoli, i palazzi, la sontuosa chiesa e la doppia piazza, risalente al medioevo ed ulteriore testimonianza che i muri sono insiti nell'uomo dall'inizio del tempo.
La via Francigena in Toscana è un percorso ricco di storia, cultura e tradizioni. dal Passo della Cisa lungo mulattiere nei boschi e medioevo, si arriva a Pontremoli ed Aulla. Poi attraversando luoghi fortificati si giunge al mare a Massa e Pietrasanta ed infine a Lucca con le sue possenti mura. Percorrendo le valli della Toscana centrale si attraversa l'Arno e si giunge alla rocca di San Miniato. Da qui i sentieri nella Val d'Elsa ci conducono lungo colline coperte mdi vigneti e oliveti fino alle trecentesche torri di San Gimignano ed alla medievale Siena. Proseguendo le strade bianche della Val d'Arbia e della Val d'Orcia ci accompagnano fino a Radicofani, alle porte del Lazio.
Pontremoli
Punto d'incontro di storiche vie e borgo mercantile di notevole importanza, Pontremoli sorge al centro di una concaq che abbraccia le valli del Magra e dei torrenti Verde e Gordana. Vero gioiello medievale con le sue altissime torri, le chiese e i ponti, deve il suo nome al "ponte tremulus", il legno del pioppo col quale sembra fossero costruiti. Attraverso i "turcheti", gli stretti vicoli che si arrampicano sul colle, si arriva al castello del Piagnano eretto intorno all'anno 1000 e ricostruito più volte. Pontremoli fu un luogo fondamentale della Via Francigena e molti ordini religiosi vi fissarono la sede. La chiesa di S.Pietro, dove è visibile il bassorilievo del labirinto, fu tappa obbligata per i Pellegrini diretti a Roma, Gerusalemme o Santiago.
Palazzo Dosi-Magnavacca e Degustazione Olio Lucchetti-Ferrari
Palazzo Dosi, oggi di proprietà della famiglia Magnavacca che lo acquisi nel 1931, rappresenta una delle più importantim realizzazioni dello stile architettonico e decorativo del Barocco pontremolese. Questa ricca dimora privata fu realizzata tra il 1742 ed il 1749 nel cuore del centro storico cittadino per volere dei Dosi, ricchi mercanti divenuti marchesi, su disegno dell'architetto e pittore Giovanni Battista Natali (1698-1768).
Il percorso di visita permette di comprendere i principali aspetti storici, artistici e funzionali del palazzo, utilizzato contemporaneamente per funzioni residenziali, commerciali e di rappresentanza dai Dosi. Tuttavia la grande struttura e la sapiente distribuzione degli spazi descrivono anche la società mercantile della Pontremoli settecentesca, dove l'utile si univa al dilettevole e dove l'arte e la cultura erano sempre profondamente intrecciate al commercio ed agli affari. L'ingresso principale del palazzo affaccia su via Ricci Armani, a pochi passi dalle Piazze del Duomo e della Repubblica, nel cuore della città. Un grande portale in pietra arenaria sormontato da un elegante balconcino in ferro batturo dà accesso all'atrio porticato che, con un efficace cannocchiale prospettico, attraversa tutta la lunghezza del palazzo fino a collegarsi, dall'altro lato, con l'ampio balcone affacciato sul Magra. ai lati dell'atrio sono due diverse scale, una di servizio ed una di rappresentanza. Attraverso quest'ultima scenografica scala in marmo di Carrara, retta da due leggere colonne in arenaria, è possibile salire al piano nobile per ammirare l'ampia galleria vetrata conclusa da una pregevole veduta prospettica realizzata da Antonio Contestabili (1716-1790). Quest'ultima costituisce un vero e proprio trempe l'oeil in cui una ulteriore scala dipinta "sfonda" la parete e simula con una perfetta illusione prospettica una serie di ambienti immaginari. Da questo ambiente si passa al grande appartemaneto di rappresentanza, completamente affrescato con le raffinatissime quadrature di G.B. Natali e numerose scene mitologiche ed allegoriche dipinte da G. Galeotti (1708-1778). Il salone principale stupisce con una grandiosa volumetria accentuata dallo sfondamento prospettico realizzato sulla grande volta a padiglione e definita dall'elegante ballatoio che ne circonda interamente il perimetro. Qui le raffinatissime quadrature del Natali incorniciano volte e pareti e si intrecciano, con una tavolozza leggerissima - fatta di verdi chiari, gialli oro, rosa, violetti, azzurri - con le scene mitologiche del Galeotti che raccontano di rapimenti mitologici, fanciulle ritrose, inganni e metamorfosi. Le tre scene di maggiori dimensioni sono quelle che rappresentano il Corteo Nuziale di Nettuno e Anfitrite, la Discesa di Mercurio nell'Ade e il Rapimento di Europa. Altre sale di dimensioni minori, ma riccamente decorate con lo stesso stile sono collegate al salone principale: due ambienti erano dedicati alla quadreria e in origine contenevano la ricchissima collezione di dipinti dei Dosi e l'alcova caratterizzata dalla ricca testiera del letto affrescata direttamente sulla parete. L'appartamento di rappresentanza di Palazzo Dosi ha svolto in passato la funzione di Sede del Consiglio Comunale e sede della Fondazione Città del Libro collegata al celebre Premio Letterario Bancarella.
Il percorso di visita permette di comprendere i principali aspetti storici, artistici e funzionali del palazzo, utilizzato contemporaneamente per funzioni residenziali, commerciali e di rappresentanza dai Dosi. Tuttavia la grande struttura e la sapiente distribuzione degli spazi descrivono anche la società mercantile della Pontremoli settecentesca, dove l'utile si univa al dilettevole e dove l'arte e la cultura erano sempre profondamente intrecciate al commercio ed agli affari. L'ingresso principale del palazzo affaccia su via Ricci Armani, a pochi passi dalle Piazze del Duomo e della Repubblica, nel cuore della città. Un grande portale in pietra arenaria sormontato da un elegante balconcino in ferro batturo dà accesso all'atrio porticato che, con un efficace cannocchiale prospettico, attraversa tutta la lunghezza del palazzo fino a collegarsi, dall'altro lato, con l'ampio balcone affacciato sul Magra. ai lati dell'atrio sono due diverse scale, una di servizio ed una di rappresentanza. Attraverso quest'ultima scenografica scala in marmo di Carrara, retta da due leggere colonne in arenaria, è possibile salire al piano nobile per ammirare l'ampia galleria vetrata conclusa da una pregevole veduta prospettica realizzata da Antonio Contestabili (1716-1790). Quest'ultima costituisce un vero e proprio trempe l'oeil in cui una ulteriore scala dipinta "sfonda" la parete e simula con una perfetta illusione prospettica una serie di ambienti immaginari. Da questo ambiente si passa al grande appartemaneto di rappresentanza, completamente affrescato con le raffinatissime quadrature di G.B. Natali e numerose scene mitologiche ed allegoriche dipinte da G. Galeotti (1708-1778). Il salone principale stupisce con una grandiosa volumetria accentuata dallo sfondamento prospettico realizzato sulla grande volta a padiglione e definita dall'elegante ballatoio che ne circonda interamente il perimetro. Qui le raffinatissime quadrature del Natali incorniciano volte e pareti e si intrecciano, con una tavolozza leggerissima - fatta di verdi chiari, gialli oro, rosa, violetti, azzurri - con le scene mitologiche del Galeotti che raccontano di rapimenti mitologici, fanciulle ritrose, inganni e metamorfosi. Le tre scene di maggiori dimensioni sono quelle che rappresentano il Corteo Nuziale di Nettuno e Anfitrite, la Discesa di Mercurio nell'Ade e il Rapimento di Europa. Altre sale di dimensioni minori, ma riccamente decorate con lo stesso stile sono collegate al salone principale: due ambienti erano dedicati alla quadreria e in origine contenevano la ricchissima collezione di dipinti dei Dosi e l'alcova caratterizzata dalla ricca testiera del letto affrescata direttamente sulla parete. L'appartamento di rappresentanza di Palazzo Dosi ha svolto in passato la funzione di Sede del Consiglio Comunale e sede della Fondazione Città del Libro collegata al celebre Premio Letterario Bancarella.
Artwork
Dopo la degustazione dell'olio, ottimamente presentata da Francesca della Lucchetti-Ferrari, e la contemporanea visita al Palazzo Dosi-Magnavacca (di cui sopra dò una maggiore descrizione) ripercorriamo le antiche strade per il ritorno al pullman ed il viaggio verso Aulla dove siamo ospiti per la cena ed il riposo all'hotel Demy dove, nonostante l'aria lussuosa e le indubbie passate glorie (testimoniate da varie foto con vip all'ingresso della sala da pranzo), rimane una sensazione di decadenza e trascuratezza, soprattutto in alcuni particolari che forse solo chi negli alberghi ha lavorato, come il sottoscritto, è riuscito a cogliere.
La sveglia ci consegna un'alba uggiosa, con la voglia di scrollarsi di dosso l'umidità e l'oscurità notturna. Solo quando finalmente arriviamo a Carrara la coltre si apre per far posto alle case moderne, distanziate dal centro e dall'antico che poi si abbarbica verso la zona delle cave, ben visibili già da lontano e apparentemente di facile raggiungimento. All'inizio dobbiamo fermarci per recuperare (piacevole quanto bisognevole compito) le nostre guide (di cui scusate non ricordo ambedue i nomi. Uno era Massimo l'altro...) e per pagare (meno piacevole ma doveroso) il dazio per la salita in pullman. La strada si fa subito erta e ..ina, passando, con buona pace ed abilità dell'autista Lorenzo, tra ex mulattiere tra le casupole assurte al rango di strade dal passaggio di mezzi pesanti e dall'asfaltatura. I segni dell'umidità e dell'incuria si fanno ben vedere sugli antichi (ma forse non più di tanto) mattoni rossi e sugli intonaci ridotti al lumicino. L'incedere si fa pesante ed il tempo passa osservando e sudando con l'autista su passaggi ed incroci spesso improbabili. Tra i colori dei boschi e le case, accarezzati ed enfatizzati dall'inusuale quanto caldo sole di novembre e da stupendi scorci marini, arriviamo a Campo Cecina, precisamente al Piazzale dell'Uccelliera, quota 1255 dove in nemmeno mezz'ora si arriva, tramite sentiero CAI, al Rifugio Carrara, quota 1322.
o8 novembre 2015
Pronto buongiorno e...si viaggiare
Prima tappa Rifugio Carrara
- Il Rifugio Carrara e' situato a Campocecina a metri 1322 di altitudine. Aperto tutto l'anno dispone di 36 posti letto, telefono 0585 841972. Proprieta' della sezione C.A.I. di Carrara.
Per arrivarci:
- dalla strada provinciale che da Carrara conduce a Campocecina.
- il rifugio e' un buon punto d'appoggio per le ascensioni al Monte Sagro (metri 1749)
e al Monte Borla (metri 1469).
- E' anche un discreto punto tappa per le traversate verso il rifugio Capanna Garnerone
attraverso la Foce di Pianza (m. 1289), Foce del Fanaletto (m.1426), Foce di Vinca (m.1333)
per poi scendere attraverso il sentiero n. 38 alla Capanna.
- Oppure raggiunta la Foce di Vinca si percorre il sentiero n. 173 per la Foce di Navola (m.1295)
e successivamente per la Foce Rasori (metri 1320) da cui si raggiungere, con il sentiero n. 186,
attraverso la Finestra del Grondilice (m.1750), il rifugio Orto di Donna.
Per arrivarci:
- dalla strada provinciale che da Carrara conduce a Campocecina.
- il rifugio e' un buon punto d'appoggio per le ascensioni al Monte Sagro (metri 1749)
e al Monte Borla (metri 1469).
- E' anche un discreto punto tappa per le traversate verso il rifugio Capanna Garnerone
attraverso la Foce di Pianza (m. 1289), Foce del Fanaletto (m.1426), Foce di Vinca (m.1333)
per poi scendere attraverso il sentiero n. 38 alla Capanna.
- Oppure raggiunta la Foce di Vinca si percorre il sentiero n. 173 per la Foce di Navola (m.1295)
e successivamente per la Foce Rasori (metri 1320) da cui si raggiungere, con il sentiero n. 186,
attraverso la Finestra del Grondilice (m.1750), il rifugio Orto di Donna.
Monte Borla e ritorno al Rifugio
Se fossimo qui a giocare a Strega comanda color nessun sano di mente, se volesse vincere, chiamerebbe il verde. Perché in Lunigiana come vi girate, nel verde vi trovate. Il verde sta a questa terra come l’acqua al corpo umano: il verde delle colline terrazzate, dei vigneti del Candia, degli olivi e dei castagneti, il verde dei boschi, della pianura fertile del Magra, dei paesaggi che si offrono agli occhi dalla torre di un castello. Al di sopra, l’azzurro del cielo che nei giorni tersi è quasi turchese, di fronte il mare blu della costa tirrenica.
Eppure non siamo in un sogno in technicolor, il paesaggio della Lunigiana non è una veduta senza tempo ma è storia e vita e tradizione che si rinnova in ogni piccolo borgo, in ogni azienda agricola che coltiva queste terre e ne permette la salvaguardia, in ogni mano artigiana che ne tramanda le tradizioni, nella cultura e nella civiltà rurale che è parte integrante del paesaggio della Lunigiana e oggi è in prima linea nella difesa delle sue tipicità.
È questo il paesaggio che accoglie i viandanti, i viaggiatori, che dà sapore ai suoi piatti tradizionali - non a caso in Lunigiana si cucina tanto con le erbe spontanee - che dà ragione coi suoi crinali, i suoi passi, le sue cime, i suoi fiumi, della sua fortuna strategica, della sua centralità storica rispetto alla marginalità in cui l’hanno relegata i confini regionali. È questo il paesaggio che ha reso dura la vita di molti - i tanti che sono andati via, che si sono stancati di pane nero e fagioli - ma che oggi richiama chi è in cerca di scenari e incontri autentici; il paesaggio che nasconde tesori speleologici spettacolari e che mostra le ferite tragiche di un’altra cultura e un’altra storia: quella del marmo di Carrara.
Attraversarlo, oggi, a piedi, a cavallo, in bici vuol dire sintonizzarsi al ritmo lento della scoperta; vuol dire conoscerlo non solo nei gusci protetti delle fattorie didattiche ma anche attraverso gli occhi e l’esperienza dei molti agricoltori che ne conoscono i segreti, delle guide ambientali che ne conoscono i sentieri e gli angoli più nascosti.
Il marmo: patrimonio naturalistico e grande industria delle Alpi Apuane.
A vederle dalla costa sono uno spettacolo. Sono le Alpi Apuane, inconfondibili cime nude e aguzze che fanno da quinta scenica alle colline lunensi e con scultorea monumentalità si dividono il panorama con le più verdeggianti forme dell’Appennino.
È il marmo, unico al mondo per purezza e brillantezza, a rendere celebri questi monti. Furono i Romani, più di due millenni fa, ad accorgersi per primi dell’ineguagliabile qualità della pietra apuana, fondando in questa provincia, la colonia di Luni che con il suo porto chiudeva il ciclo di estrazione e commercio del pregiato marmo: da questa insenatura a forma di mezza luna ne partivano navi cariche verso Roma e verso il mondo allora noto. Fu poi il Rinascimento e il genio di Michelangelo a rendere il marmo bianco di Carrara sinonimo assoluto di scultura.
Sono molteplici e assai diversi i percorsi alla scoperta della storia, della natura e dell’arte che in questo marmo trovano origine e ragione: una visita agli scavi archeologici di Luni, al Museo del Marmo di Carrara o ai numerosi laboratori artigiani che ancora oggi portano avanti questa raffinata arte, potranno senza dubbio farvi comprendere il forte legame che unisce questa terra e la sua gente al marmo di queste cime.
Eppure non siamo in un sogno in technicolor, il paesaggio della Lunigiana non è una veduta senza tempo ma è storia e vita e tradizione che si rinnova in ogni piccolo borgo, in ogni azienda agricola che coltiva queste terre e ne permette la salvaguardia, in ogni mano artigiana che ne tramanda le tradizioni, nella cultura e nella civiltà rurale che è parte integrante del paesaggio della Lunigiana e oggi è in prima linea nella difesa delle sue tipicità.
È questo il paesaggio che accoglie i viandanti, i viaggiatori, che dà sapore ai suoi piatti tradizionali - non a caso in Lunigiana si cucina tanto con le erbe spontanee - che dà ragione coi suoi crinali, i suoi passi, le sue cime, i suoi fiumi, della sua fortuna strategica, della sua centralità storica rispetto alla marginalità in cui l’hanno relegata i confini regionali. È questo il paesaggio che ha reso dura la vita di molti - i tanti che sono andati via, che si sono stancati di pane nero e fagioli - ma che oggi richiama chi è in cerca di scenari e incontri autentici; il paesaggio che nasconde tesori speleologici spettacolari e che mostra le ferite tragiche di un’altra cultura e un’altra storia: quella del marmo di Carrara.
Attraversarlo, oggi, a piedi, a cavallo, in bici vuol dire sintonizzarsi al ritmo lento della scoperta; vuol dire conoscerlo non solo nei gusci protetti delle fattorie didattiche ma anche attraverso gli occhi e l’esperienza dei molti agricoltori che ne conoscono i segreti, delle guide ambientali che ne conoscono i sentieri e gli angoli più nascosti.
Il marmo: patrimonio naturalistico e grande industria delle Alpi Apuane.
A vederle dalla costa sono uno spettacolo. Sono le Alpi Apuane, inconfondibili cime nude e aguzze che fanno da quinta scenica alle colline lunensi e con scultorea monumentalità si dividono il panorama con le più verdeggianti forme dell’Appennino.
È il marmo, unico al mondo per purezza e brillantezza, a rendere celebri questi monti. Furono i Romani, più di due millenni fa, ad accorgersi per primi dell’ineguagliabile qualità della pietra apuana, fondando in questa provincia, la colonia di Luni che con il suo porto chiudeva il ciclo di estrazione e commercio del pregiato marmo: da questa insenatura a forma di mezza luna ne partivano navi cariche verso Roma e verso il mondo allora noto. Fu poi il Rinascimento e il genio di Michelangelo a rendere il marmo bianco di Carrara sinonimo assoluto di scultura.
Sono molteplici e assai diversi i percorsi alla scoperta della storia, della natura e dell’arte che in questo marmo trovano origine e ragione: una visita agli scavi archeologici di Luni, al Museo del Marmo di Carrara o ai numerosi laboratori artigiani che ancora oggi portano avanti questa raffinata arte, potranno senza dubbio farvi comprendere il forte legame che unisce questa terra e la sua gente al marmo di queste cime.
Telefono (+39) 333 5992936
email: [email protected] sito interent: www.panoramicando.com cod.0043 Dal 2006 Massimo Bigini svolge la professione di Guida Ambientale Escursionistica (abilitata ai sensi della LR n42/2000, socio A.G.A.T. Associazione “Guide Ambientali della Toscana”) prevalentemente presso i territori del Parco delle Alpi Apuane e Lunigiana, accompagnando gruppi o singoli in tutta sicurezza, in ambienti naturali anche antropizzati, facendo conoscere aspetti del territorio che in nessun libro, in nessuna guida si può trovare. Maggiori informazioni http://www.visitlunigiana.it/products/guida-ambientale-massimo-bigini/ |
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Il Rifugio è solo una piccola sosta ed un escamotage per dividere il gruppo in due: il primo con i più allenati (e con Massimo) affronterà i restanti 100 m. verso il Monte Borla e l'altro scenderà verso le cave (visibilissime dal parcheggio ma anche da tutto il circondario) per poi risalire verso Casa Montagnoli, poco sotto la cima (1466), di fatto facendo un giro molto più duro del nostro (io mi sono ritenuto uno dei più allenati). Massimo comunque ci illustra in maniera sapiente le peculiarità del territorio e ci mostra un panorama dei monti d'intorno. Mi innamoro subito di questa terra vissuta ma al contempo selvaggia, dove il biancore tra i colori vividi del bosco non è dato solo dalle prime nevicate (qui d'inverno si usa ciaspolare) ma dal marmo (una delle cave sottostanti e sempre presenti davanti ai nostri occhi è quella in cui si dice sia venuto Michelangelo per scegliere il materiale per la sua "Pietà" ora in un angolo di San Pietro a Roma ed icona dell'arte sacra cinquecentesca). Dalla cartina comperata al Rifugio (edita tra l'altro dalla 4land di Trento) mi prendo subito nota mentale per un ipotetico, quanto abbastanza probabile, giro nella prossima estate, con annessa pernottazione al Rifugio. Intanto, sulla cima del Borla (nel frattempo si è fatto mezzodì) ed alla sottostante casa Montagnoli (una specie di bivacco privato, probabile sosta di pastori) si tirano fuori i lunch-packet preparati dall'albergo d'Aulla e ci si rifocilla gettando ampi sguardi alle nebbie ed alle radure che coprono il mare, eludendo e mostrando in un gioco esaltante le frastagliate punte dell'Elba e le suggestive atmosfere (chi c'è stato capisce ciò che intendo) di Porto Venere e delle isole del Tino e di Palmaria ad esso prospicienti. Si scende poi in un giro ad anello (foto di gruppo prima della discesa) fino a tornare al rifugio Carrara. Prima del gruppo me ne scendo per qualche foto solitaria per arricchire l'Artwork (vedi sotto) e per proseguire per un tratto sulla strada che dal parcheggio prosegue. Poche sono le vedute che si discostano da ciò che con maggior altezza e profondità abbiamo visto poc'anzi, forse solo alcuni blocchi di marmo che sembrano stati abbandonati lungo la strada per un ignoto motivo o il degrado della roccia franata già da tempo sulla rete di recinzione e ivi lasciata senza intervento alcuno. Ritorno al pullmann e mi aggrego al ritorno ed alla foto di gruppo generale.
Foto di gruppo
Artwork
Ed alfin tornammo
Con le bestemmie (solo ipotizzate da parte mia nella testa dell'autista) nella discesa ed in un clima di rilassata stanchezza si torna verso casina nostra, con immancabile sosta (dovuta anche all'obbligo imposto all'autista) all'inizio dell'A22. Un altro angolo di paradiso montano e storico svelato ai miei occhi disincantati ed avidi, un appuntamento futuro da approfondire, una storia da raccontare (e questo lo sto facendo), foto e video da mostrare.
Ancora passi, ancora sogni ad occhi aperti.
Ancora passi, ancora sogni ad occhi aperti.
Il viaggio è senza limiti e i confini sono solo di chi teme.
L’ importante è sapere che da qualche parte all’ orizzonte
c’ è un’ altra “sponda” che ci attende. (Tanya)
L’ importante è sapere che da qualche parte all’ orizzonte
c’ è un’ altra “sponda” che ci attende. (Tanya)