Cammino Iacopeo d'Anaunia
2° parte
Tappa 3 bis: da Marcena a Terzolas |
La Valle di Rumo è percorsa dal Torrente Lavazzè, affluente di destra del Torrente Pescara, ed è una bellissima, alpestre appendice della meravigliosa Anaune. Le fa da cornice la nota catena delle Maddalene e proprio alle pendici orientali del Monte Stùbele 2671 m, in un anfiteatro glaciale della parte centrale di questo gruppo montuoso, tra il Monte Pin 2429 m e la Cima degli Olmi 2656 m, nasce il torrente Lavazzè.
Alla testata della Valle si collocano alcuni valichi d’alta quota, un tempo assai frequentati che collegano la Val di Rumo con quella di Bresimo (Passo Binasia) e con la Val d’Ultimo (Passo Lavazzè e Passo Termen da Val). Rumo che non è un toponimo di paese ma di valle e dell’intero territorio comunale, ha come sede amministrativa Marcena e comprende le frazioni di Corte Inferiore, Corte Superiore, Lanza, Mocenigo, Marcena, Mione e le località di Ronco, Scassio, Cenigo, Nati.
La Valle di Rumo, per la sua individualità, si stacca nettamente dal paesaggio tipo del resto della Valle di Non, andando quasi a formare un angolo appartato. Il parziale isolamento ha conferito alla zona un suo tipico carattere alpestre ed edilizio.
Marcena, centro del comune, è ideale base di partenza per escursioni brevi o traversate impegnative, nonché per le ascensioni alle più alte vette del settore centrale delle Maddalene. La piazza è delimitata da vecchie case rustico – signorili, adornate da pitture, alcune delle quali recentemente affrescate. Mocenigo, abitato allungato ai bordi della strada che sale a Lanza, è un classico villaggio alpino dalle case imponenti e affrescate.
Lanza è la frazione più elevata del comune 1111 m; dall’ isolata chiesa di S. Vigilio si gode infatti uno dei panorami più estesi dei dintorni.
In direzione di Lauregno, a 1 Km da Marcena, si attraversa la frazione di Mione e da qui in pochi minuti si sale a Corte Inferiore, sede della magnifica chiesetta dedicata a S. Udalrico ornata internamente dall’affresco dell’Ultima Cena, opera dei Baschenis del 1471 d.c.
La chiesa di Marcena è dedicata a San Paolo che è stata ricostruita nelle forme attuali tra il 1499 ed il 1501 e rimaneggiata nel 1861. Si distingue per il bel campanile in pietra di stile romanico, ornato da trifore con l'onnipresente san Cristoforo datato 1470. La facciata
Alla testata della Valle si collocano alcuni valichi d’alta quota, un tempo assai frequentati che collegano la Val di Rumo con quella di Bresimo (Passo Binasia) e con la Val d’Ultimo (Passo Lavazzè e Passo Termen da Val). Rumo che non è un toponimo di paese ma di valle e dell’intero territorio comunale, ha come sede amministrativa Marcena e comprende le frazioni di Corte Inferiore, Corte Superiore, Lanza, Mocenigo, Marcena, Mione e le località di Ronco, Scassio, Cenigo, Nati.
La Valle di Rumo, per la sua individualità, si stacca nettamente dal paesaggio tipo del resto della Valle di Non, andando quasi a formare un angolo appartato. Il parziale isolamento ha conferito alla zona un suo tipico carattere alpestre ed edilizio.
Marcena, centro del comune, è ideale base di partenza per escursioni brevi o traversate impegnative, nonché per le ascensioni alle più alte vette del settore centrale delle Maddalene. La piazza è delimitata da vecchie case rustico – signorili, adornate da pitture, alcune delle quali recentemente affrescate. Mocenigo, abitato allungato ai bordi della strada che sale a Lanza, è un classico villaggio alpino dalle case imponenti e affrescate.
Lanza è la frazione più elevata del comune 1111 m; dall’ isolata chiesa di S. Vigilio si gode infatti uno dei panorami più estesi dei dintorni.
In direzione di Lauregno, a 1 Km da Marcena, si attraversa la frazione di Mione e da qui in pochi minuti si sale a Corte Inferiore, sede della magnifica chiesetta dedicata a S. Udalrico ornata internamente dall’affresco dell’Ultima Cena, opera dei Baschenis del 1471 d.c.
La chiesa di Marcena è dedicata a San Paolo che è stata ricostruita nelle forme attuali tra il 1499 ed il 1501 e rimaneggiata nel 1861. Si distingue per il bel campanile in pietra di stile romanico, ornato da trifore con l'onnipresente san Cristoforo datato 1470. La facciata
Villaggio tra i più antichi della valle, Livo è cosituito dalle frazioni di Preghena, Varollo e Scanna. Da segnalare è la Residenza della Toresela dall’aspetto rinascimentale su predisposizione medievale. Tre invece sono le chiese di valore: la Chiesa Pievana della Natività di Maria nella frazione di Varollo, la chiesa di S. Antonio nella frazione di Preghena e la chiesa di S. Martino, edificio molto antico d’origine romanica. Numerose sono le tracce di affreschi databili al XV secolo. Nei pressi di Livo in magnifica posizione panoramica si trova il Castello di Zoccolo. Fu residenza fortificata molto antica, sede della famiglia De Zucolo di Livo e poi affidata ai Thun.
Bresimo non è nome di paese ma del territorio comunale che si pone alla estremità nord occidentale della Valle di Non, cui sede comunale e parrocchiale si trova nell' abitato di Bevia. Prezioso monumento della Valle di Bresimo è il castello di 'Altaguarda'. Recentemente restaurato, è luogo eccezionalmente panoramico, da cui il nome lo caratterizza. La chiesa di Santa Maria Assunta di Baselga di Bresimo è una chiesa romanica di origine altomedievale, rifatta in periodo gotico e durante il rinascimento, è sempre stata sostenuta dai patrocini dei nobili locali, dagli Altaguardia, Thun, Arsio, Bragher e Roccabruna. All’interno si trovano tre altari in legno, lavorati ad intaglio e dorati. Di particolare pregio è l’altare maggiore con pala raffigurante la Vergine col Bambino e S.Pietro martire; dietro la tela si trova il simulacro della Madonna col Bambino in braccio. Proveniente dall’ex cappella del castello di Altaguardia è l’altare minore, di grande interesse storico e artistico, dedicato a S.Bartolomeo e S.Caterina detto anche l’Altare dei Conti poichè nel paliotto sono raffigurati i donatori: il conte Baldassare Thun e la moglie. Di interesse è il ciclo di affreschi a colori in 18 scene del ‘500 della cosiddetta “Kleine Passion” di pittori itineranti rinascimentali che si trova sulle pareti laterali della navale e sul parapetto della cantoria. L'antico campanile fu danneggiato da un fulmine e quello attuale è dunque di epoca più recente. All’esterno è da notare un grande affresco raffigurante S. Cristoforo, eseguito nel 1470 circa da Antonio Baschenis.
Il paese di Cis si distende sul degradante altipiano stretto tra le Valli del torrente Barnés e del Noce. Il paesino si raggiunge per strada deviando a nord della strada statale della Valle di Sole, subito a monte del Ponte di Mostizzolo. Sempre nel territorio comunale di Cis è la località Mostizzolo, porta della Valle di Sole, da sempre importante punto di transito e di scavalcamento della forra del Noce, il cui ponte sulla strada statale è alto 85 m.
Su un colle all’inizio del paese sorge la chiesa parrocchiale di S. Giorgio che risale al XIII secolo e ha subito molti rifacimenti. L’attuale forma gotico - rinascimentale le è dovuta ai lavori eseguiti nel quattrocento e nei due secoli successivi. La bellissima statua di S. Giorgio con drago è stata donata al paese dagli emigranti americani alla fine del secolo scorso.
E’ il punto di partenza più meridionale per il Sentiero “Aldo Bonacossa”. Da Cis ha infatti origine il sentiero 133B che ripercorre il lunghissimo e panoramico crinale della Cima Candei 2190 m, Cima Vese 2400 m e Cima Lac 2439 m. L’abitato di Cis è molto interessante per l’architettura rustica. Alcune case sono fregiate di affreschi a carattere sacro.
Su un colle all’inizio del paese sorge la chiesa parrocchiale di S. Giorgio che risale al XIII secolo e ha subito molti rifacimenti. L’attuale forma gotico - rinascimentale le è dovuta ai lavori eseguiti nel quattrocento e nei due secoli successivi. La bellissima statua di S. Giorgio con drago è stata donata al paese dagli emigranti americani alla fine del secolo scorso.
E’ il punto di partenza più meridionale per il Sentiero “Aldo Bonacossa”. Da Cis ha infatti origine il sentiero 133B che ripercorre il lunghissimo e panoramico crinale della Cima Candei 2190 m, Cima Vese 2400 m e Cima Lac 2439 m. L’abitato di Cis è molto interessante per l’architettura rustica. Alcune case sono fregiate di affreschi a carattere sacro.
I paesi della bassa Val di Sole sono conosciuti con il nome di “Capele”. Anticamente il paese di San Giacomo si chiamava Solasna (doc. a. 1220), toponimo con base prelatina Sol/Sul da riferirsi al nome della Valle. La denominazione attuale deriva dal santo a cui è intitolata la chiesa. Solasna insieme a Cassana (doc. a. 1307) e Tozzaga costituì prima della metà del XV secolo la “Magnifica comunità di San Giacomo”. Nel Cinquecento le Regole della Comunità si tenevano “nella pontara da la tor”. Le cappelle appartennero alla Pieve di Livo fino al 1824 e dipesero dalla curaziale di Cis fino al 1620, data di costituzione della curazia di San Giacomo. Nel corso del XIX secolo, per brevi periodi (1810 -1819 e 1850 e 1861), i tre paesi furono uniti al comune di Caldes. L’aggregazione definitiva con quest’ultimo avvenne solo nel 1928. Tra le chiese e cappelle dei tre paesi emerge per importanza storica, artistica ed architettonica quella di San Giacomo, costruita ai margini dell’omonimo villaggio. L’edificio documentato nel Trecento fu ricostruito agli inizi del XVI secolo e poi ampliato nel XVII secolo. La facciata fu rifatta nel 1821. Splendido il solido campanile in pietra intonacata a raso sasso con doppio ordine di bifore e monofore tardoromaniche e cuspide piramidale in pietra. L’interno conserva tre altari lignei seicenteschi e l’altare maggiore in preziosi marmi policromi opera del vicentino Giovanni Merlo (anni ottanta del XVII secolo), proveniente dalla chiesa della Santa Trinità di Trento. Interessante la pala raffigurante il santo titolare di Antonio Longo (1748-1820) firmata e datata (1814) e due sculture tardogotiche.
Samoclevo è l’ultima e la più alta frazione di Caldes. Sorta ai piedi del colle che ospita la suggestiva e decadente Rocca medievale, anch’essa ha oggi nell’immensa distesa di frutteti che ne circondano le case l’elemento più importante del proprio sviluppo economico. Il toponimo documentato dal 1211 (de Summoclivo) si riferisce alla posizione del paese “in cima al pendio”. Il ritrovamento di una moneta bronzea d’età imperiale testimonia la presenza romana. L’esistenza della Rocca fortificata dei Caldesio e dei Thunn ne segnò profondamente la storia. Samoclevo fu coinvolta nelle rivolte popolari del 1407 e del 1525. Fino al 1805 la piccola comunità agricola si autogovernò secondo le norme della Carta di Regola, redatta nel 1618. Dal 1810 al 1819 e dal 1850 al 1861 il paese fu unito al comune di Caldes. L’aggregazione definitiva a Caldes risale al 1928. Ecclesiasticamente parte della pieve di Malè la cappella di Samoclevo dipese dalla curaziale di Caldes fino agli inizi del Settecento e poi divenne autonoma. In paese ebbero i natali i fratelli Ciolli, tra i protagonisti del risorgimento trentino.
Un’antica chiesa dedicata a San Vigilio esisteva già alla metà del Quattrocento. L’attuale fu ricostruita nel primo quarto del XIX secolo. L’interno a navata unica contiene tre altari in marmo e marmorina. La pala dell’altar maggiore, la tela raffigurante l’Ultima Cena, la pittura murale con l’Assunzione di Maria e le stazioni della Via crucis sono attribuiti al pittore fiemmese Antonio Vanzo junior (1792-1853).
Sopra il paese di Samoclevo, in cima ad un colle, sorgono i resti della Rocca fortificata che appartenne ai Caldesio e ai Thunn. Del complesso monumentale rimane il mastio merlato e frammenti di cinte murarie e di edifici annessi, in parte trasformati in rustici. Documentata con certezza solo dai primi anni del XV secolo, ma sicuramente più antica, come dimostra la tipologia della torre, fu sede della giurisdizione feudale di Rabbi. Fu sempre oggetto di contesa tra i Principi Vescovi di Trento e i duchi di Tirolo. Nel 1525, durante la guerra rustica, fu assaltata dai rivoltosi, ma non fu espugnata. Nel secolo scorso, abbandonata dai Thunn, la Rocca passò a contadini del luogo. Il palazzo e la cappella crollarono e in parte vennero demoliti (1885).
Un’antica chiesa dedicata a San Vigilio esisteva già alla metà del Quattrocento. L’attuale fu ricostruita nel primo quarto del XIX secolo. L’interno a navata unica contiene tre altari in marmo e marmorina. La pala dell’altar maggiore, la tela raffigurante l’Ultima Cena, la pittura murale con l’Assunzione di Maria e le stazioni della Via crucis sono attribuiti al pittore fiemmese Antonio Vanzo junior (1792-1853).
Sopra il paese di Samoclevo, in cima ad un colle, sorgono i resti della Rocca fortificata che appartenne ai Caldesio e ai Thunn. Del complesso monumentale rimane il mastio merlato e frammenti di cinte murarie e di edifici annessi, in parte trasformati in rustici. Documentata con certezza solo dai primi anni del XV secolo, ma sicuramente più antica, come dimostra la tipologia della torre, fu sede della giurisdizione feudale di Rabbi. Fu sempre oggetto di contesa tra i Principi Vescovi di Trento e i duchi di Tirolo. Nel 1525, durante la guerra rustica, fu assaltata dai rivoltosi, ma non fu espugnata. Nel secolo scorso, abbandonata dai Thunn, la Rocca passò a contadini del luogo. Il palazzo e la cappella crollarono e in parte vennero demoliti (1885).
Antico insediamento sorto su un terrazzo alle pendici meridionali del monte Lac (2.431 m), Terzolas si segnala come importante centro agricolo e zootecnico, con abbondante coltivazione di mele collegate al consorzio Melinda e una lunga tradizione per quanto riguarda la produzione casearia, di cui è importante espressione il caseificio comprensoriale “Cercen”, nato nel 1971 e la cui attività abbraccia l’intera bassa Val di Sole e la Val di Rabbi.
Gli scavi archeologici fatti nel 1935 hanno accertato un’antica presenza dell’uomo in questa località, confermata anche dal nome di origine prelatina (suffisso in -as e personale reto-etrusco o romano Tertio o Tertius). Alcune monete bronzee d’età imperiale testimoniano la dominazione romana. Terciolasum compare nella documentazione scritta solo nei primi anni del XIII secolo. Al tempo del Principato vescovile fu sede di numerose famiglie nobili (Ferrari, Greifenberg, Malanotti), che fabbricarono belle dimore tuttora visibili nel centro storico. La tradizione popolare segnala il passaggio dell’imperatore Massimiliano I nel 1516. Dopo secoli di autogoverno la comunità di Terzolas fu aggregata a Malè in età napoleonica prima (1810-1814) e in età fascista poi (1928). Nel 1952 fu ricostituito il comune autonomo.
Tra il 1794 e il 1800 maestranze locali ricostruirono la chiesa di San Nicolò in stile tardobarocco, conservando l’antica abside medievale trasformata in sacrestia e il vecchio campanile dalla cuspide in muratura e con un ordine di monofore. L’interno a navata unica ospita cinque altari marmorei, alcune tele seicentesche (una attribuita ad Elia Naurizio) e ottocentesche (pala di Domenico Delpero, 1841), pitture murali sulla volta dell’aula e del presbiterio, la statua lignea dell’Immacolata (1720) del clesiano Vigilio Prati. All’estremità del paese, verso Malè, sorge in posizione panoramica il convento dei Cappuccini, costruito nel 1896 e provvisto di chiesa del Sacro Cuore (con pale di fine ‘800 del pittore Chiocchetti di Moena) chiostro e abitazioni per la vita comunitaria.
Al centro del paese, sul lato nord della piazza, si trova il Palazzo della “Torraccia” (Casa Malanotti-Greifenberg). Esempio significativo di residenza nobiliare del tardo rinascimento, si presenta come un riuscito compromesso tra una casa fortificata (terminazione merlata dei muri esterni, archibugiere, caditoia in facciata) e un palazzo (eleganti bifore) con elementi ancora gotici (erker angolari), ma altri pienamente rinascimentali (portale bugnato in facciata). Costruito tra il 1573 e il 1579 da Francesco Enigler, in parte distrutto da un incendio nel 1645, fu ampliato ed abbellito tra il 1652 e il 1665 dal canonico Bernardino Malanotti, che fece affrescare il salone del secondo piano con un fregio ornato da girali, putti, satiri, con stemmi di famiglia, con finte architetture dipinte attorno alle porte. Restaurato negli anni ottanta del XX secolo, oggi ospita il Municipio e la Biblioteca storica del Centro Studi per la Val di Sole.
Gli scavi archeologici fatti nel 1935 hanno accertato un’antica presenza dell’uomo in questa località, confermata anche dal nome di origine prelatina (suffisso in -as e personale reto-etrusco o romano Tertio o Tertius). Alcune monete bronzee d’età imperiale testimoniano la dominazione romana. Terciolasum compare nella documentazione scritta solo nei primi anni del XIII secolo. Al tempo del Principato vescovile fu sede di numerose famiglie nobili (Ferrari, Greifenberg, Malanotti), che fabbricarono belle dimore tuttora visibili nel centro storico. La tradizione popolare segnala il passaggio dell’imperatore Massimiliano I nel 1516. Dopo secoli di autogoverno la comunità di Terzolas fu aggregata a Malè in età napoleonica prima (1810-1814) e in età fascista poi (1928). Nel 1952 fu ricostituito il comune autonomo.
Tra il 1794 e il 1800 maestranze locali ricostruirono la chiesa di San Nicolò in stile tardobarocco, conservando l’antica abside medievale trasformata in sacrestia e il vecchio campanile dalla cuspide in muratura e con un ordine di monofore. L’interno a navata unica ospita cinque altari marmorei, alcune tele seicentesche (una attribuita ad Elia Naurizio) e ottocentesche (pala di Domenico Delpero, 1841), pitture murali sulla volta dell’aula e del presbiterio, la statua lignea dell’Immacolata (1720) del clesiano Vigilio Prati. All’estremità del paese, verso Malè, sorge in posizione panoramica il convento dei Cappuccini, costruito nel 1896 e provvisto di chiesa del Sacro Cuore (con pale di fine ‘800 del pittore Chiocchetti di Moena) chiostro e abitazioni per la vita comunitaria.
Al centro del paese, sul lato nord della piazza, si trova il Palazzo della “Torraccia” (Casa Malanotti-Greifenberg). Esempio significativo di residenza nobiliare del tardo rinascimento, si presenta come un riuscito compromesso tra una casa fortificata (terminazione merlata dei muri esterni, archibugiere, caditoia in facciata) e un palazzo (eleganti bifore) con elementi ancora gotici (erker angolari), ma altri pienamente rinascimentali (portale bugnato in facciata). Costruito tra il 1573 e il 1579 da Francesco Enigler, in parte distrutto da un incendio nel 1645, fu ampliato ed abbellito tra il 1652 e il 1665 dal canonico Bernardino Malanotti, che fece affrescare il salone del secondo piano con un fregio ornato da girali, putti, satiri, con stemmi di famiglia, con finte architetture dipinte attorno alle porte. Restaurato negli anni ottanta del XX secolo, oggi ospita il Municipio e la Biblioteca storica del Centro Studi per la Val di Sole.
TAPPA 4: DA TERZOLAS a Cles |
Caldes è uno dei comuni più ampi della Val di Sole, con un territorio che abbraccia per intero la bassa valle, composto da ben sette frazioni: Caldes, Samoclevo, Cassana, San Giacomo, Tozzaga, Bordiana e Bozzana. Agricoltura e turismo sono le sue grandi risorse, grazie alle distese di meleti collegati al consorzio Melinda ed a monumenti di valore storico di grande interesse, primi fra tutti Castel Caldes e la Rocca di Samoclevo. Tra le strutture turistico-ricreative di maggior importanza figura senz’altro il complesso delle Contre, proprio in riva al Noce, con campi per tennis, calcio, basket e volley, area per feste campestri, bar, parco per rilassanti giornate sull’erba.
Una sorgente d’acqua calda, oggi scomparsa, sembra aver dato il nome al paese, ricordato nelle pergamene di primo ‘200 come Caldis o Caldesio. Due cucchiai di bronzo e una moneta d’argento del II secolo d. C. attestano che la località era frequentata in età romana. Dal 1230 al 1880 la storia locale fu segnata dalla presenza della nobiltà feudale dei Cagnò-Caldesio e dei Thunn. Altri nobili vescovili e imperiali (Manfroni, Malanotti, Antonietti e Lorengo) risiedettero qui per molti secoli. Il paese fu coinvolto nelle rivolte contadine del 1525. Tra il 1810 e il 1817 e tra il 1854 e il 1859 Caldes divenne sede di un comune allargato ai villaggi circostanti (Samoclevo, San Giacomo, Cassana, Tozzaga, Bordiana e Bozzana, Cavizzana), situazione confermata nel 1928. Nel 1956 la frazione di Cavizzana si staccò ricostituendosi in comune autonomo.
Il centro storico, tra i più suggestivi del Trentino, conserva un tessuto urbano dominato dal castello e formato da palazzi nobiliari e da case contadine; da campanili (romanico quello della piazza) e da chiese (parrocchiale ottocentesca, cappella del castello, chiesa cimiteriale di San Rocco), da stradine acciottolate, da portali, da bifore, da sporti angolari. Il campaniletto d’età medievale a doppio ordine di bifore e monofore conserva un lacerto d’affresco quattrocentesco, mentre la chiesa di San Rocco, costruita dopo la peste del 1510, ospita tre splendidi altari lignei con pale seicentesche, realizzate da pittori trentini (Naurizio), veneti (Lugo) e lombardi (Pozzi), la lastra tombale del fondatore (ca 1512), stemmi affrescati sull’arco santo e l’immagine di Giobbe sulla parete della navata sud.
All’ingresso orientale del paese sorge il castello, confortevole residenza dei dinasti locali più che sede fortificata di guarnigione militare. Il nucleo più antico è costituito dalla torre duecentesca, alta cinque piani, eretta dai signori di Cagnò e rinforzata nel XV secolo da robusti barbacani. Il resto del fabbricato, a pianta quadrata, più basso di un piano e che ingloba l’originaria domus murata fu costruito dai Thunn entro la fine del ‘400 e ampliato entro i primi decenni del XVII secolo con l’inserimento della cinta muraria, oggi sostituita dalle case vicine, e della torretta circolare contenente la scala a chiocciola. Nel ‘500 molte sale furono decorate con pitture murali (fregi, stemmi, storie di santi). Caduto in rovina alla fine del XIX secolo, il complesso subì pesanti manomissioni e trasformazioni. Dal 1981 è di proprietà della Provincia Autonoma di Trento, che lo sta restaurando. Le sale a piano terra ospitano spesso mostre durante il periodo estivo. Accanto al maniero si trova la cappella dedicata alla Vergine Maria: già esistente nel 1585, fu decorata con un nuovo ciclo di pitture murali verso il 1629 dal pittore Elia Naurizio.
All’inizio di ogni estate il suggestivo borgo ospita la tradizionale manifestazione “Arcadia, Musica e Sapori”: un evento di autentica festa popolare con i migliori corpi bandistici musicali del Trentino e di fuori provincia, che si esibiscono in vari punti del paese dove, nelle corti e negli avvolti delle nobili dimore normalmente chiuse al pubblico, la sua Comunità e gli associati della Strada della Mela e dei Sapori della Val di Non e Val di Sole propongono stand gastronomici, degustazioni, prodotti genuini, antichi sapori ed artigianato locale. Tutto questo nell’allegro clima festoso delle Bande che, nel clou della festa, marciano in parata sino al grande anfiteatro naturale delle Contre, per l’imperdibile Gran Concerto conclusivo in cui si esibiscono diverse centinaia di musicisti.
Una sorgente d’acqua calda, oggi scomparsa, sembra aver dato il nome al paese, ricordato nelle pergamene di primo ‘200 come Caldis o Caldesio. Due cucchiai di bronzo e una moneta d’argento del II secolo d. C. attestano che la località era frequentata in età romana. Dal 1230 al 1880 la storia locale fu segnata dalla presenza della nobiltà feudale dei Cagnò-Caldesio e dei Thunn. Altri nobili vescovili e imperiali (Manfroni, Malanotti, Antonietti e Lorengo) risiedettero qui per molti secoli. Il paese fu coinvolto nelle rivolte contadine del 1525. Tra il 1810 e il 1817 e tra il 1854 e il 1859 Caldes divenne sede di un comune allargato ai villaggi circostanti (Samoclevo, San Giacomo, Cassana, Tozzaga, Bordiana e Bozzana, Cavizzana), situazione confermata nel 1928. Nel 1956 la frazione di Cavizzana si staccò ricostituendosi in comune autonomo.
Il centro storico, tra i più suggestivi del Trentino, conserva un tessuto urbano dominato dal castello e formato da palazzi nobiliari e da case contadine; da campanili (romanico quello della piazza) e da chiese (parrocchiale ottocentesca, cappella del castello, chiesa cimiteriale di San Rocco), da stradine acciottolate, da portali, da bifore, da sporti angolari. Il campaniletto d’età medievale a doppio ordine di bifore e monofore conserva un lacerto d’affresco quattrocentesco, mentre la chiesa di San Rocco, costruita dopo la peste del 1510, ospita tre splendidi altari lignei con pale seicentesche, realizzate da pittori trentini (Naurizio), veneti (Lugo) e lombardi (Pozzi), la lastra tombale del fondatore (ca 1512), stemmi affrescati sull’arco santo e l’immagine di Giobbe sulla parete della navata sud.
All’ingresso orientale del paese sorge il castello, confortevole residenza dei dinasti locali più che sede fortificata di guarnigione militare. Il nucleo più antico è costituito dalla torre duecentesca, alta cinque piani, eretta dai signori di Cagnò e rinforzata nel XV secolo da robusti barbacani. Il resto del fabbricato, a pianta quadrata, più basso di un piano e che ingloba l’originaria domus murata fu costruito dai Thunn entro la fine del ‘400 e ampliato entro i primi decenni del XVII secolo con l’inserimento della cinta muraria, oggi sostituita dalle case vicine, e della torretta circolare contenente la scala a chiocciola. Nel ‘500 molte sale furono decorate con pitture murali (fregi, stemmi, storie di santi). Caduto in rovina alla fine del XIX secolo, il complesso subì pesanti manomissioni e trasformazioni. Dal 1981 è di proprietà della Provincia Autonoma di Trento, che lo sta restaurando. Le sale a piano terra ospitano spesso mostre durante il periodo estivo. Accanto al maniero si trova la cappella dedicata alla Vergine Maria: già esistente nel 1585, fu decorata con un nuovo ciclo di pitture murali verso il 1629 dal pittore Elia Naurizio.
All’inizio di ogni estate il suggestivo borgo ospita la tradizionale manifestazione “Arcadia, Musica e Sapori”: un evento di autentica festa popolare con i migliori corpi bandistici musicali del Trentino e di fuori provincia, che si esibiscono in vari punti del paese dove, nelle corti e negli avvolti delle nobili dimore normalmente chiuse al pubblico, la sua Comunità e gli associati della Strada della Mela e dei Sapori della Val di Non e Val di Sole propongono stand gastronomici, degustazioni, prodotti genuini, antichi sapori ed artigianato locale. Tutto questo nell’allegro clima festoso delle Bande che, nel clou della festa, marciano in parata sino al grande anfiteatro naturale delle Contre, per l’imperdibile Gran Concerto conclusivo in cui si esibiscono diverse centinaia di musicisti.
Cavizzana è il più piccolo comune della Val di Sole e l’unico in bassa valle sorto sulla sponda orografica destra del Noce. Promosso a comune autonomo nel 1956, dopo essere sempre stato frazione di Caldes, il paese di Cavizzana vive in questi anni una fase di sviluppo davvero notevole, sia dal punto di vista dell’incremento demografico sia per quanto riguarda le attività economiche. Grande importanza riveste ancora oggi l’agricoltura, specializzata nella frutticoltura delle mele, mentre nel passato ad essa si affiancavano la lavorazione della calce e del ferro.
Il toponimo Cavizzana deriva dal latino “carex”, la carice, una canna acquatica: lo troviamo menzionato per la prima volta nel 1200, ma già dal 1318 assume la forma che ancora oggi conosciamo. Per secoli anche questa piccola comunità si governò attraverso una propria Carta di Regola, della quale possediamo una redazione risalente al 1586. Famosa è la leggenda che racconta della località “Fucine”, dove ogni due anni una donna uccideva il proprio marito, finché fu il parroco a maledire l’intera zona che venne poi sepolta da una frana e le case distrutte da un incendio.
La chiesa parrocchiale di San Martino, già ricordata nella prima metà del XIV secolo, sarebbe stata ricostruita nel suo aspetto attuale nel corso del ‘400, per poi essere ampliata e restaurata nei secoli successivi. Nella facciata a capanna si apre il portale in tonalite, affiancato da due finestrelle e sormontato da un’apertura barocca. Caratteristico è lo svettante campanile con un ordine di monofore, con una cuspide tronco-piramidale in muratura e copertura in “scandole”. L’interno, con una volta di foggia gotica, accoglie tre altari lignei di età barocca, realizzati dalle botteghe degli intagliatori Ramus e Bezzi. Il tabernacolo dell’altar maggiore è considerato tra i più belli della Valle per intaglio, dorature e figurazioni. Due tele furono realizzate nel 1905 e nel 1907 dal pittore veneto Diodato Massimo (1846-1924).
Il famoso “Sass de la Guardia”, masso posto su un’antica via di comunicazione che, sopra il paese di Cavizzana, la collegava con Caldes, porta inciso la data del 1632. Essa ricorda l’epidemia di peste che in quegli anni imperversava in Val di Sole e che, proprio grazie alla continua guardia che si montava nei pressi del sasso, risparmiò la piccola comunità di Cavizzana.
Partendo poi dai masi di Cavizzana (a quota 1.087 m) una facile e panoramica escursione porta fino al lago Verdés (a quota 1.641 m), su un altopiano sommitale dal quale vasto è il panorama da una parte sulla Val di Sole, dall’altra sulla Val di Non.
Il toponimo Cavizzana deriva dal latino “carex”, la carice, una canna acquatica: lo troviamo menzionato per la prima volta nel 1200, ma già dal 1318 assume la forma che ancora oggi conosciamo. Per secoli anche questa piccola comunità si governò attraverso una propria Carta di Regola, della quale possediamo una redazione risalente al 1586. Famosa è la leggenda che racconta della località “Fucine”, dove ogni due anni una donna uccideva il proprio marito, finché fu il parroco a maledire l’intera zona che venne poi sepolta da una frana e le case distrutte da un incendio.
La chiesa parrocchiale di San Martino, già ricordata nella prima metà del XIV secolo, sarebbe stata ricostruita nel suo aspetto attuale nel corso del ‘400, per poi essere ampliata e restaurata nei secoli successivi. Nella facciata a capanna si apre il portale in tonalite, affiancato da due finestrelle e sormontato da un’apertura barocca. Caratteristico è lo svettante campanile con un ordine di monofore, con una cuspide tronco-piramidale in muratura e copertura in “scandole”. L’interno, con una volta di foggia gotica, accoglie tre altari lignei di età barocca, realizzati dalle botteghe degli intagliatori Ramus e Bezzi. Il tabernacolo dell’altar maggiore è considerato tra i più belli della Valle per intaglio, dorature e figurazioni. Due tele furono realizzate nel 1905 e nel 1907 dal pittore veneto Diodato Massimo (1846-1924).
Il famoso “Sass de la Guardia”, masso posto su un’antica via di comunicazione che, sopra il paese di Cavizzana, la collegava con Caldes, porta inciso la data del 1632. Essa ricorda l’epidemia di peste che in quegli anni imperversava in Val di Sole e che, proprio grazie alla continua guardia che si montava nei pressi del sasso, risparmiò la piccola comunità di Cavizzana.
Partendo poi dai masi di Cavizzana (a quota 1.087 m) una facile e panoramica escursione porta fino al lago Verdés (a quota 1.641 m), su un altopiano sommitale dal quale vasto è il panorama da una parte sulla Val di Sole, dall’altra sulla Val di Non.
La cappella, dedicata a Santa Lucia, si trova nella frazione Caltron; da documenti ritrovati esisteva già nel 1356. Presenta una semplice aula rettangolare coperta con una volta a botte a costoloni e un'abside poligonale. All'interno della chiesa ci sono l'altare barocco in legno intagliato e dorato e la pala dell'Annunciazione.
La chiesa di San Tommaso è situata a Dres, lungo la strada d'origine romana proveniente da Cles. Si trovano sue notizie in un inventario del castello di Cles del 1322. Nel corso dei secoli ha subito parecchi restauri.
La chiesa di San Tommaso è situata a Dres, lungo la strada d'origine romana proveniente da Cles. Si trovano sue notizie in un inventario del castello di Cles del 1322. Nel corso dei secoli ha subito parecchi restauri.
La cittadina di Cles è il centro della Val di Non. Si trova a 650 m di altitudine sulla sponda occidentale del Lago di Santa Giustina, all’imbocco della Val di Sole, e conta circa 6.500 abitanti.
Il ritrovamento della “Tavola Clesiana”, emanata dall’Imperatore Tiberio Claudio nel 46 d. C., testimonia il conferimento della cittadinanza romana alle antiche popolazioni delle valli. Una copia dell’editto è esposta al Palazzo Assessorile di Cles (sotto)
La posizione geografica di Cles è ideale per chi vuole scoprire le numerose ricchezze della natura e cultura delle valli di Non e di Sole, tra cui le montagne delle Dolomiti di Brenta, dell’Ortles e della Mendola. Il Lago di Santa Giustina offre possibilità per la pratica di sport nautici, dalla vela al canottaggio e al windsurf, e della pesca sportiva.
Cles è praticamente circondata dai frutteti che producono le famose mele della Valle di Non (D.O.P.). E’ uno spettacolo veramente particolare vederli in fioritura tra la fine di aprile e metà maggio. Il Consorzio Melinda, con i suoi oltre 5.000 soci coltivatori, produce ogni anno 300.000 tonnellate di mele: Golden Delicious, Red Delicious e Renetta Canada sono i nomi delle varieta’ più coltivate. Arrivando nel mio itinerario ho trovato, salendo dalla via 4 novembre, la seicentesca chiesetta di Santa Maria delle Grazie, incassata in un palazzo (probabilmente cappella nobiliare). Al suo interno dei pregevoli affreschi (anni 40-50) del pittore Carlo Bonacina, originario del padovano ma morto a Pergine Valsugana nel 2001.
Sulla piazza di Cles si affaccia l'antica e monumentale chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, ricostruita nello stile gotico-rinascimentale fra il 1512 e il 1522. La chiesa è ricordata per la prima volta nel 1128. Il portale maggiore reca nella lunetta un affresco dell'Annunciazione. È sormontato dallo stemma dei Clesio con iscrizione e da un rosone che alleggerisce la facciata dal tetto a due spioventi. Sulla porta di settentrione vi sono un altro stemma della famiglia Clesio e degli affreschi.
Il Palazzo Assessorile sorge nel centro storico, all’imbocco di via Roma. Le sue forme attuali sono frutto di una ricostruzione quattrocentesca della più antica torre duecentesca che sorgeva nel sito. Il prospetto meridionale conserva all’esterno una merlatura guelfa, feritoie, caditoie e quattro bifore gotiche lobate. Il secondo piano è arricchito da una serie di decorazioni ad affresco di metà cinquecento, testimoni dell’affermazione in area trentina della decorazione a grottesca sulla stessa linea decorativa delle pitture del Castello del Buonconsiglio di Trento. Ancora al secondo piano si aprono le stanze del vestibolo decorate con i colori araldici della famiglia Cles: il bianco ed il rosso. Tra le più preziose, la Sala del Giudizio, dove a partire dal 1679 si svolgevano le funzioni giuridiche della valle, con un affresco rappresentante l’allegoria dell’Amicizia e tutta una serie di allegorie moraleggianti.
All’interno si trova lo Scrigno di Palazzo Assessorile, uno spazio dove è possibile ammirare ed acquistare oggetti unici ispirati agli affreschi del palazzo ed alle sue forme realizzate dalle Cooperative Gruppo Sensibilizzazione Handicap, L’Aquilone e dall’Associazione Accademia Anaune.
Il ritrovamento della “Tavola Clesiana”, emanata dall’Imperatore Tiberio Claudio nel 46 d. C., testimonia il conferimento della cittadinanza romana alle antiche popolazioni delle valli. Una copia dell’editto è esposta al Palazzo Assessorile di Cles (sotto)
La posizione geografica di Cles è ideale per chi vuole scoprire le numerose ricchezze della natura e cultura delle valli di Non e di Sole, tra cui le montagne delle Dolomiti di Brenta, dell’Ortles e della Mendola. Il Lago di Santa Giustina offre possibilità per la pratica di sport nautici, dalla vela al canottaggio e al windsurf, e della pesca sportiva.
Cles è praticamente circondata dai frutteti che producono le famose mele della Valle di Non (D.O.P.). E’ uno spettacolo veramente particolare vederli in fioritura tra la fine di aprile e metà maggio. Il Consorzio Melinda, con i suoi oltre 5.000 soci coltivatori, produce ogni anno 300.000 tonnellate di mele: Golden Delicious, Red Delicious e Renetta Canada sono i nomi delle varieta’ più coltivate. Arrivando nel mio itinerario ho trovato, salendo dalla via 4 novembre, la seicentesca chiesetta di Santa Maria delle Grazie, incassata in un palazzo (probabilmente cappella nobiliare). Al suo interno dei pregevoli affreschi (anni 40-50) del pittore Carlo Bonacina, originario del padovano ma morto a Pergine Valsugana nel 2001.
Sulla piazza di Cles si affaccia l'antica e monumentale chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, ricostruita nello stile gotico-rinascimentale fra il 1512 e il 1522. La chiesa è ricordata per la prima volta nel 1128. Il portale maggiore reca nella lunetta un affresco dell'Annunciazione. È sormontato dallo stemma dei Clesio con iscrizione e da un rosone che alleggerisce la facciata dal tetto a due spioventi. Sulla porta di settentrione vi sono un altro stemma della famiglia Clesio e degli affreschi.
Il Palazzo Assessorile sorge nel centro storico, all’imbocco di via Roma. Le sue forme attuali sono frutto di una ricostruzione quattrocentesca della più antica torre duecentesca che sorgeva nel sito. Il prospetto meridionale conserva all’esterno una merlatura guelfa, feritoie, caditoie e quattro bifore gotiche lobate. Il secondo piano è arricchito da una serie di decorazioni ad affresco di metà cinquecento, testimoni dell’affermazione in area trentina della decorazione a grottesca sulla stessa linea decorativa delle pitture del Castello del Buonconsiglio di Trento. Ancora al secondo piano si aprono le stanze del vestibolo decorate con i colori araldici della famiglia Cles: il bianco ed il rosso. Tra le più preziose, la Sala del Giudizio, dove a partire dal 1679 si svolgevano le funzioni giuridiche della valle, con un affresco rappresentante l’allegoria dell’Amicizia e tutta una serie di allegorie moraleggianti.
All’interno si trova lo Scrigno di Palazzo Assessorile, uno spazio dove è possibile ammirare ed acquistare oggetti unici ispirati agli affreschi del palazzo ed alle sue forme realizzate dalle Cooperative Gruppo Sensibilizzazione Handicap, L’Aquilone e dall’Associazione Accademia Anaune.