cammino iacopeo 2017
6 maggio - da sanzeno a fondo
L’intrapresa di un cammino, per quanto breve esso sia, è, o dovrebbe essere sempre, un’avventura, un salto nel buio. Rischiarato stavolta dalla conoscenza del percorso, dalla consapevolezza del già fatto.
Una settimana corta ma affaticante ha predisposto l’anima (ed il corpo) all’appagante e faticoso relax che solo il Cammino può dare. Sotto un cielo plumbeo, chiamante pioggia, ci si trova nella piazza antistante la Basilica di Sanzeno, dedicata ai SS.Martiri Anauniesi. Padre Giorgio, da perfetto anfitrione, ci saluta ed introduce storicamente la basilica ed i Martiri che vi si commemorano e dei quali , in una cripta laterale, sono conservate le ceneri, unici cimeli di tre vite spente anzitempo. Alla fine, macchine alla mano e benedizione in capo, ci si reca alla partenza logistica, nel parcheggio di fronte al Museo Retico, gioiello museale noneso forse sottovalutato da molti.
Da qui, poco oltre, parte il sentiero che, dapprima tra meleti, poi tuffandosi nel bosco ed infine a picco sopra la strada ed il torrente che scorrono 30/40 m. più in basso, porta sino al Santuario di S.Romedio. La salita della scalinata, la visione della vetusta costruzione, l’umidità che entra nelle ossa anche quando batte il sole rendono le verticali pareti e le pietre del Santuario ammantate di un’aura sacrale e misteriosa che “entra dagli occhi per rimanere nel cuore”. Il gruppo è eterogeneo, ognuno ha nel suo cuore proprie motivazioni e significati per questo breve cammino ma nessuno vuole esimersi, vistosamente, dal rispetto e dal silenzio dovuto a questo magico luogo.
La guida dell’Associazione Anastasia illustra, partendo dal basso e man mano salendo, la storia delle 5 cappelle e del Santo, la cui figura leggendaria è stata trasposta addirittura 500 anni in anticipo sulla sua effettiva esistenza, per legarlo ad un altra icona della spiritualità Trentina e di Trento in particolare, San Vigilio. All’uscita non può mancare una breve visita all’orso, la cui libertà selvaggia viene confinata dallo stretto recinto in cui è rinchiuso per la gioia di adulti e bambini.
Dopo S.Romedio per ripido sentiero saliamo a Salter (chiesa di S.Biagio) e di qui verso la ciclabile, su cui percorriamo parte della vasta distesa prativa che contraddistingue questa parte di valle. Arrivati nell’ambito di Romeno raggiungiamo la nascosta chiesa di S.Bartolomeo (superbi gli affreschi interni) ed a seguire, dopo breve cammino, la cappella di S.Antonio, sulla strada statale che attraversa il paese. La cappella, affrescata all’esterno con la leggenda di S.giacomo è altrettanto dipinta all’interno con affreschi a cui il tempo e l’umor degli uomini non ha risparmiato sofferenze ma che riescono ancora a dare il senso di ciò che l’edificio era in epoche remote.
Sosta all’hotel Villanuova che ci mette gentilmente a disposizione una sala per il pranzo al sacco. Si riprende, tornando alla ciclabile sotto una fastidiosa pioggerellina deviando poi verso Cavareno e la chiesetta dei SS.Fabiano e Sebastiano, sita poco a sud del paese. Ancora festa di colori e di antichità nella piccola cappella seminterrata, di cui il comune da un buon resoconto nel tableau a fianco. Ripresa la strada continuiamo ora fino a Fondo dove il gruppo si divide sotto una pioggia ormai battente. L’ultimo atto è la ricerca, sulle case del paese, di cinque affreschi (purtroppo 4 dei quali rovinati da incuria, intemperie o vandalismi) raffiguranti il santo pellegrino per eccellenza e che hanno dato lo spunto, al gruppo Amici del Cammino Iacopeo per ricreare l’antica confraternita ed un percorso in Val d’Anaunia con lo stesso nome. Sotto acqua fattasi ormai torrenziale veniamo (almeno gli autisti) accompagnati a S.Zeno a recuperare le macchine per portarle al fine tappa del giorno dopo, a Madonna di Senale. Cena ottima ed abbondante all’hotel Belsoggiorno.
Domani è un altro giorno dello stesso Cammino.
Una settimana corta ma affaticante ha predisposto l’anima (ed il corpo) all’appagante e faticoso relax che solo il Cammino può dare. Sotto un cielo plumbeo, chiamante pioggia, ci si trova nella piazza antistante la Basilica di Sanzeno, dedicata ai SS.Martiri Anauniesi. Padre Giorgio, da perfetto anfitrione, ci saluta ed introduce storicamente la basilica ed i Martiri che vi si commemorano e dei quali , in una cripta laterale, sono conservate le ceneri, unici cimeli di tre vite spente anzitempo. Alla fine, macchine alla mano e benedizione in capo, ci si reca alla partenza logistica, nel parcheggio di fronte al Museo Retico, gioiello museale noneso forse sottovalutato da molti.
Da qui, poco oltre, parte il sentiero che, dapprima tra meleti, poi tuffandosi nel bosco ed infine a picco sopra la strada ed il torrente che scorrono 30/40 m. più in basso, porta sino al Santuario di S.Romedio. La salita della scalinata, la visione della vetusta costruzione, l’umidità che entra nelle ossa anche quando batte il sole rendono le verticali pareti e le pietre del Santuario ammantate di un’aura sacrale e misteriosa che “entra dagli occhi per rimanere nel cuore”. Il gruppo è eterogeneo, ognuno ha nel suo cuore proprie motivazioni e significati per questo breve cammino ma nessuno vuole esimersi, vistosamente, dal rispetto e dal silenzio dovuto a questo magico luogo.
La guida dell’Associazione Anastasia illustra, partendo dal basso e man mano salendo, la storia delle 5 cappelle e del Santo, la cui figura leggendaria è stata trasposta addirittura 500 anni in anticipo sulla sua effettiva esistenza, per legarlo ad un altra icona della spiritualità Trentina e di Trento in particolare, San Vigilio. All’uscita non può mancare una breve visita all’orso, la cui libertà selvaggia viene confinata dallo stretto recinto in cui è rinchiuso per la gioia di adulti e bambini.
Dopo S.Romedio per ripido sentiero saliamo a Salter (chiesa di S.Biagio) e di qui verso la ciclabile, su cui percorriamo parte della vasta distesa prativa che contraddistingue questa parte di valle. Arrivati nell’ambito di Romeno raggiungiamo la nascosta chiesa di S.Bartolomeo (superbi gli affreschi interni) ed a seguire, dopo breve cammino, la cappella di S.Antonio, sulla strada statale che attraversa il paese. La cappella, affrescata all’esterno con la leggenda di S.giacomo è altrettanto dipinta all’interno con affreschi a cui il tempo e l’umor degli uomini non ha risparmiato sofferenze ma che riescono ancora a dare il senso di ciò che l’edificio era in epoche remote.
Sosta all’hotel Villanuova che ci mette gentilmente a disposizione una sala per il pranzo al sacco. Si riprende, tornando alla ciclabile sotto una fastidiosa pioggerellina deviando poi verso Cavareno e la chiesetta dei SS.Fabiano e Sebastiano, sita poco a sud del paese. Ancora festa di colori e di antichità nella piccola cappella seminterrata, di cui il comune da un buon resoconto nel tableau a fianco. Ripresa la strada continuiamo ora fino a Fondo dove il gruppo si divide sotto una pioggia ormai battente. L’ultimo atto è la ricerca, sulle case del paese, di cinque affreschi (purtroppo 4 dei quali rovinati da incuria, intemperie o vandalismi) raffiguranti il santo pellegrino per eccellenza e che hanno dato lo spunto, al gruppo Amici del Cammino Iacopeo per ricreare l’antica confraternita ed un percorso in Val d’Anaunia con lo stesso nome. Sotto acqua fattasi ormai torrenziale veniamo (almeno gli autisti) accompagnati a S.Zeno a recuperare le macchine per portarle al fine tappa del giorno dopo, a Madonna di Senale. Cena ottima ed abbondante all’hotel Belsoggiorno.
Domani è un altro giorno dello stesso Cammino.
sanzeno-basilica dei ss.martiri anauniensi
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I Santi Martiri ai quali è dedicata la basilica (Sisinio, Martirio e Alessandro) furono tre missionari, provenienti probabilmente dalla Cappadocia e inviati in Val di Non dal vescovo di Trento Vigilio, al fine di convertire al Cristianesimo la popolazione locale. Giunti in Anaunia costituirono una piccola comunità monastica dalla quale iniziarono la loro predicazione. La popolazione locale tuttavia, ancora molto legata ai riti pagani e alla credenza in divinità capaci di regolare la vita e soprattutto l'attività agricola, non accettarono la predicazione dei tre missionari. Il 29 maggio 397 Sisinio, Martirio e Alessandro vennero uccisi sul rogo durante una festa religiosa pagana volta a propiziare la fertilità dei campi ed il raccolto (Ambarvalia) nella località di Mecla (l'attuale Sanzeno).
Sul luogo del sacrificio fu eretta nel XIII secolo una chiesa di stampo romanico. Il 25 maggio 1472 il principe vescovo Giovanni Hinderbach scoprì sotto l'altare dell'antica chiesa una cassa di legno contenente il terriccio e la cenere provenienti dal rogo dei Martiri ed avviò il progetto di una nuova chiesa, l'attuale basilica. La costruzione iniziò nel 1480 partendo dai muri perimetrali della chiesa precedente e venne completata nel 1542 con il rivestimento in pietra della facciata. ArchitetturaLa basilica di stampo romanico misura 46 m di lunghezza, 14,50 m di larghezza e 13,45 m di altezza. Presenta tre navate con quattro colonne per parte, terminanti con capitelli dai motivi gotici uniti a elementi decorativi rinascimentali. L'intera struttura è realizzata in pietra chiara. L'esternoLe tre navate interne si riflettono sulla facciata della basilica dividendola in tre campi, tra i quali quello centrale è ornato da un grande rosone opera dell'architetto Giacomo Mookadoha. Nella lunetta sopra il portale sono raffigurati la Madonna e i tre Martiri e al di sopra del portale si possono notare gli stemmi dei vescovi Hinderbach e Frundsberg. Le porte in bronzo, ad opera di Livio Conta, riportano la vicenda dei tre Martiri e risalgono al 1997. Nell'angolo di sud-est si trova il campanile, risalente all'antica chiesa in stile romanico con trifore ad arco. La Cappella dei Santi MartiriLa Cappella, risalente all'antica chiesa, si trova nella navata di destra ed è protetta da una cancellata in ferro battuto. Sulla parete di sinistra si può notare un affresco risalente al XII secolo, raffigurante i tre martiri attorniati da figure dell'Antico e del Nuovo Testamento e dai simboli dei mesi dell'anno. Al centro della cappella si trova l'arca in pietra rossa di Trento contenente i resti del rogo. Oltre alle reliquie contenute nell'urna marmorea la basilica conserva anche un'altra urna con piccole costole donate alla Basilica di Sanzeno nel 1927 dalla basilica milanese di San Simpliciano. |
san romedio
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La vita di san Romedio si inquadra nell'ambito dell'eremitismo intorno all'anno 1000.
Membro di una nobile famiglia dell'Alta Baviera, egli donò alla Chiesa di Trento beni e diritti posseduti nella valle dell'Inn, ritirandosi poi a vita di penitenza nell'eremo rupestre, che da lui prende nome, presso Sanzeno in Val di Non. Un culto in suo onore è testimoniato alla fine del secolo XI e si estese, con donazione di reliquie, anche al di là dello spartiacque alpino, soprattutto in luoghi, come Thaur, Sankt Georgenberg, Habach, Hohenwarth, che in qualche modo si ricollegano con le sue origini familiari. Romedio rappresenta il capofila di un movimento eremitico, che nel Trentino ebbe lunga diffusione, e durò fino ai tempi recenti. La leggenda, fiorita intorno al Santo dal secolo XIII in poi, parla dei suoi due compagni, Abramo e Davide, che fecero vita comune con lui. Pio X confermò, nel 1907, il suo culto 'immemorabile'. Per oltre cinquecento anni la roccia che ospitava il santuario antico rimase nuda, con una scalinata scoperta e qualche edicola ora scomparsa. In basso si trovavano le stalle, i rifugi per i pellegrini e l'abitazione del custode. La chiesa originaria intitolata a san Romedio sorse attorno al 1000 sulla tomba del Santo, con le pietre portate fin lassù dagli antichi pellegrini. Il culto a san Romedio venne riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa nel 1300 e la devozione al Santo si incrementò molto nel XV secolo, quando il santuario venne affollato da molti pellegrini che portavano ex voto. Nel 1489 fu iniziata la costruzione della seconda chiesa dedicata a san Giorgio. Poi nel 1514 fu costruita la chiesa di san Michele e nel 1536 la chiesa maggiore di san Romedio. Della stessa epoca (XVI secolo) è anche il campanile, sempre in stile gotico-clesiano. Per ultima fu eretta nel 1918 la chiesa dell'Addolorata, in segno di ringraziamento alla Vergine per la quiete ritrovata dopo la tragedia della Prima guerra mondiale. Nel 1700 il santuario si vestì a festa, accompagnando il visitatore pellegrino fino alla soglia della tomba del santo eremita Romedio. Vengono ricostruiti ex novo gli edifici al piano terra adibiti all'accoglienza dei pellegrini, alle stalle ed ai fienili. Le chiese vengono abbracciate con la costruzione dell'"appartamento dei Conti" e del ballatoio (1725), della sacrestia e della biblioteca in alto. La seconda parte della scalinata viene coperta e poi animata con le edicole dei misteri della passione di Cristo. Sopra la cappella di san Giorgio si innalzano due stanze di abitazione; infine viene eretto l'arco d'ingresso al luogo sacro (1770). Nel corso del XX secolo si sono aggiunti, oltre alla cappella dell'Addolorata, il parcheggio con l'edicola di san Romedio (1907) ed il recinto per gli orsi (1990). Gli orsi qui custoditi furono trasferiti presso il Parco faunistico di Spormaggiore. Solo ad inizio 2013 un orso, denominato Bruno, proveniente dal Parco Nazionale d'Abruzzo è stato trasferito presso il santuario. All'interno del Santuario sono custoditi molti artistici ex voto del XV, XVI e XVII secolo. Nella prima chiesa di san Romedio si trovano affreschi raffiguranti la Madonna con Bambino, l'Ultima Cena e una serie di angeli e santi. Nella chiesa di san Giorgio gli affreschi delle volte raffigurano i Dottori della Chiesa e i simboli dei quattro Evangelisti. Nella chiesa di san Michele, sopra l'altare, una pala del XVI secolo raffigura l'Arcangelo Michele che ricaccia Lucifero all'Inferno. Nella chiesa maggiore di san Romedio la pala dell'altare raffigura l'antico eremita con l'orso al guinzaglio, mentre gli affreschi delle pareti raffigurano i dodici apostoli, l'Annunciazione e l'Assunzione della Madonna. La festività di san Romedio martire si celebra il 15 gennaio. Durante l'estate nel Santuario si svolgono una serie di manifestazioni culturali e musicali nell'ambito dell'"Estate Romediana” |
salter-S.Biagio
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La chiesa di San Biagio di Salter, eretta presumibilmente nella seconda metà del XV secolo, è ricordata dalle fonti a partire dalla visita pastorale del vescovo Bernardo Clesio del 1537. L'edificio non subì, nel corso dei secoli, significativi interventi di ampliamento, eccezion fatta per la parziale riscostruzione del campanile a inizio XVIII secolo. La facciata, a spioventi, presenta in posizione centrale il portale d'ingresso lapideo e a tutto sesto, affiancato sul lato sinistro da una finestra quadrangolare inferriata e dotata di cornice lapidea, e sovrastato da un oculo strombato e inferriato. Le fiancate non recano aperture; la destra presenta, a livello del presbiterio, l'emergenza del corpo aggiunto della sacrestia a pianta quadrangolare, illuminata da due finestre. Il fianco sinistro interseca, tra navata e presbiterio, il fusto della torre campanaria. Il prospetto posteriore rivela il profilo poligonale dell'abside, illuminata da una finestra lobata entro cornice lapidea archiacuta presso i lati obliqui; alla parete di fondo aderisce un locale aggiunto a pianta rettangolare. La torre campanaria presenta un fusto quadrangolare parzialmente incassato tra le pareti della navata e del presbiterio presso il fianco sinistro, caratterizzato da un quadrante dipinto sul prospetto settentrionale. La cella campanaria è aperta, sui quattro lati, da due ordini di bifore a tutto sesto; al di sopra di questa si diparte la cuspide a piramide quadrangolare in lamiera metallica, coronata da sfera e croce apicale. L'interno presenta una navata unica, coperta da un soffitto piano raccordato alle pareti mediante una cornice modanata. È presente una nicchia centinata per lato, ospitante una scultura. L'arco santo a sesto acuto in conci lapidei immette nell’ambiente, elevato da due gradini, del presbiterio, coperto da una volta ad ombrello le cui nervature poggiano su peducci in pietra e dotato di accesso lapideo e architravato ai locali di sacrestia presso la parete laterale destra. Presso la parete di fondo dell'abside e presso il piedritto sinistro dell'arco santo sono presenti alcuni affreschi avente carattere figurativo.
p.s. le foto esterne sotto sono tratte dal Cammino del 2015, in quanto la chiesa era rivestita per un rifacimento esterno. |
Romeno-san bartolomeo
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La chiesa di San Bartolomeo è situata a meno di un chilometro ad est dell'abitato di Romeno; la zona ha restituito numerosi reperti archeologici di età romana, soprattutto di tipo funerario, legati al vicino abitato, centro strategico per la viabilità anaune. Il rinvenimento di un reliquiario argenteo databile tra il V ed il VI secolo ha portato a ritenere che la chiesa fosse di origine paleocristiana, ma le analisi storico-stilistiche permettono di datare la prima fase costruttiva ai secoli VIII-X. A seguito dell'ampliamento occorso verosimilmente nel XII secolo, periodo a cui risale anche la prima menzione della chiesa (e della corte vescovile situata nei pressi), l'edificio viene riccamente decorato di affreschi nel corso del XIII secolo, in concomitanza con lo sviluppo di una struttura ospitaliera monastica situata nel vicino maso, sorto a inizio secolo XIII. Dall'abbandono del monastero a fine XV secolo sino al XIX, quando viene parzialmente abbattuta, la chiesa versa in condizioni di degrado. L'interessamento di Don Luigi Rosati e Giuseppe Gerola hanno permesso una serie di interventi volta a valorizzare il bene. La facciata, a spioventi, presenta in posizione leggermente disassata rispetto all'asse centrale verticale il portale lapideo e architravato di ingresso, caratterizzato da piedritti dotati di capitelli di imposta, sovrastato da un minuto oculo strombato. La fiancata sinistra non reca aperture; la destra presenta nella porzione prossima alla facciata una rientranza, ed è aperta, da una finestra a profilo irregolare inferriata, sovrastata da un accesso elevato al sottotetto. Il prospetto posteriore è movimentato, al centro, dal profilo curvilineo dell'abside maggiore, marcato da lesene angolari e da tre finestre a tutto sesto, strombate; a sinistra di questa è presente un contrafforte e una finestra a tutto sesto; una seconda piccola finestra si apre in corrispondenza dell’abside minore settentrionale. Il campanile a vela, ligneo, si erge dall'incontro delle falde di copertura in prossimità della facciata; è coperto da due spioventi rivestiti di scandole lignee. L'interno presenta un'aula rettangolare ad asse maggiore trasversale, conclusa a oriente da tre absidi. L'abside maggiore, lievemente arretrata rispetto alle minori ed elevata da un gradino, è illuminata da tre finestre strombate a tutto sesto. Le arcate a tutto sesto, lievemente irregolari, che si aprono verso le absidi minori non presentano la medesima altezza; quella di sinistra è elevata da un gradino ed illuminata da una piccola finestra a tutto sesto; quella a meridione non è elevata da gradini ed è illuminata da due finestre.
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Romeno-Sant'Antonio
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La chiesa di Sant'Antonio Abate a Romeno, sebbene ricordata dalle fonti soltanto a partire dal 1579, venne eretta nelle forme originarie probabilmente già nel XIV secolo; in un momento imprecisato, nei due secoli seguenti, furono aggiunti il presbiterio e l'abside poligonale. Gli affreschi in facciata e lungo le pareti interne della navata, realizzati da uno o più artisti di ambito lombardo presumibilmente nella seconda metà del XV secolo, furono scialbati come misura sanitaria durante un'epidemia di colera nel 1855, e riscoperti da don Luigi Rosati, primo a studiarli nel 1931. La facciata, a ripidi spioventi, è caratterizzata dalla presenza del campanile a vela, posto lungo l'asse verticale centrale del prospetto, e da una tettoia a due falde a protezione dei riquadri affrescati, ornata da un frego ligneo ondulato. In posizione centrale è situato il portale lapideo d'ingresso, i cui piedritti modanati e ornati da punte di diamante e rosette sorreggono l'architrave, recante il medesimo decoro e dotato di fregio e cornice; il portale è affiancato da due finestre rettangolari e inferriate, dotate di cornice lapidea. Le fiancate presentano il lieve aggetto del corpo della navata rispetto al presbiterio; il prospetto destro è aperto a livello della navata da una stretta finestra a pieno centro fortemente strombata. A livello del presbiterio, i prospetti laterali presentano uno zoccolo ed una finestra lobata entro cornice lapidea archiacuta, strombata. Il prospetto posteriore rivela il profilo poligonale dell'abside, percorso dallo zoccolo visibile presso i lati del presbiterio. Il campanile a vela emerge in posizione centrale dal prospetto anteriore, presso l'incontro delle falde di copertura; presenta una struttura in muratura dotata di cornici che delimitano la cella campanaria ed è coperto da due falde rivestite di scandole lignee. L'interno presenta un'unica navata quadrangolare, coperta da una volta a crociera le cui nervature sono sostenute da peducci lapidei angolari. Il presbiterio, delimitato dalla navata da due pilastri a sezione quadrangolare in conci lapidei sorreggenti un'arcata trasversale a tutto sesto, è caratterizzato dalla presenza di peducci lapidei presso le pareti, a sostegno delle nervature della volta reticolare che copre l'ambiente. La facciata, le pareti interne e le volte della navata presentano un ricco apparato decorativo ad affresco avente carattere figurativo; la volta del presbiterio presenta un impianto decorativo pittorico avente carattere ornamentale.
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ss. fabiano e sebastiano
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La chiesa dei santi Fabiano e Sebastiano, a Cavareno, è stata spesso ritenuta di antichissima fondazione in virtù della sua primitiva dedicazione a San Maurizio; altre teorie la indicano come cappella gentilizia della famiglia de Zinis, proprietaria di abitazioni adiacenti. Sulla base dei dati storici e stilistici analizzati, probabilmente l'edificio fu eretto nelle forme primigenie nel corso del XII secolo, per poi venire affrescato una prima volta nel XIII secolo. Alla fine del XV secolo risale l'ampliamento che ha reso l'edificio alle sue forme odierne, accompagnato dalla stesura di un secondo ciclo pittorico. La facciata, a spioventi, è caratterizzata dalla presenza del campanile a vela, determinato dal prolungamento di una porzione del prospetto a livello dell'incontro delle falde di copertura. Al centro è situato un portale lapideo architravato, con piedritti modanati al sommo, affiancato da una finestra rettangolare, sdraiata e inferriata e sovrastato da un oculo inferriato e strombato. La fiancate sono rinforzate da robusti barbacani, quella destra è aperta da una finestra archiacuta. Il prospetto posteriore presenta un barbacane all'estremo sinistro e un accesso elevato al sottotetto. Il campanile a vela, emergente a livello della facciata, presenta una monofora inquadrata da due cornici, ospitante una campana. Due spioventi rivestiti di scandole coronano la struttura. L'interno presenta una navata unica, non separata dal presbiterio, scandita in due campate da tre coppie di pilastri a sezione quadrangolare semi addossati alle pareti laterali, dotati di capitelli di imposta, a sostegno delle nervature lapidee delle volte a crociera che coprono l'ambiente. Le parete laterale sinistra presenta una nicchia archiacuta, corrispondente ad una precedente finestra. Una seconda nicchia, a tutto sesto, è presente verso la metà destra della parete di fondo, e corrisponde approssimativamente al volume dell'abside originaria. Le pareti interne presentano un ricco impianto decorativo ad affresco avente carattere figurativo, attribuito a due interventi distinti.
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affreschi di S.Giacomo a Fondo
San Giacomo di Compostela e un devoto (191x116 cm), datato 1488, via Vigilio Inama, parete del bar Croce Bianca;
In via Vigilio Inama si trova un affresco che rappresenta San Giacomo di Compostela. All’interno di una fitta nicchia di pietra San Giacomo è rappresentato con un cappello a tesa larga da pellegrino ornato da una conchiglia, una bisaccia, il corto mantello su lunga veste, la barba incolta e a braccia aperte: con la mano sinistra regge il bordone (il bastone dei viandanti) e con la destra alza un lembo del mantello rosso e tiene una conchiglia in atto di protezione verso la figura inginocchiata in preghiera. Il devoto indossa la schiavina (una lunga veste di tessuto ruvido), borda il bordone, una bisaccia allacciata in vita e, contrassegno del viaggio a Compostela, quattro conchiglie bianche sul cappello. Nel Medioevo il culto del Santo era diffuso in tutta la Val di Non e prove ne sono numerosi affreschi. In particolare è da ricordare ‘La leggenda del miracolo dell’impiccato’, dipinto sulla facciata della chiesa di S.Antonio Abate a Romeno. A Fondo esistono altre quattro raffigurazione si San Giacomo di Compostela. Secondo un’antica leggenda popolare, nel ‘400 il paese sarebbe stato decimato da una terribile pestilenza e le sette famiglia reduci, per ringraziare della protezione il Santo, si sarebbero recate in pellegrinaggio a Santiago di Compostela in Spagna, sulle rive dell’Atlantico, sede della tomba dell’Apostolo. Una volta rientrati dal viaggio, ne avrebbero fatto effigiare l’immagine sulle facciate delle loro case.A Santiago nel IX era stata individuata la tomba si San Giacomo ed era stato eretto là uno dei santuari più celebri della cristianità, meta di pellegrinaggi da ogni parte d’Europa. (Fabio Bartolini) |
San Giacomo di Compostela e un devoto (207x80 cm), fine del secolo XV, abitazione all’incrocio fra via Lampi e via San Rocco;
Sulla facciata di un’abitazione fra Vai Lampi e via S.Rocco si trova una delle cinque immagini si San Giacomo di Compostela che sono a Fondo. L’affresco non è integro perché mutilato in seguito all’apertura di una nuova finestra nella casa. Rimane intatta la figura del devoto, mentre del Santo è ancora visibile solo il lato sinistro. San Giacomo è qui ritratto in posizione frontale verso il committente inginocchiato ai suoi piedi: i due personaggi indossano abiti da viandante e recono, come segno distintivo del viaggio a Compostela, una conchiglia sul cappello, secondo l’uso del tempo. Sullo sfondo un’arcata è in parte nascosta da un drappo giallo preziosamente decorato. Il pavimento a scacchiera è prospettico. (Fabio Bartolini) |