Cammino iacopeo 2017
7 maggio - da fondo a madonna di senale
La sveglia è sempre tiranna, anche quando il momento del risveglio è atteso. La giornata, dopo il nubifragio del giorno e della notte prima, promette bene e la colazione non fa che iniziare a mantenere le aspettative. Non c’è niente di meglio di una buona colazione del resto, in un ambiente caldo e accogliente, con persone allegre già al mattino presto, per risvegliare la bramosia del giorno e della scoperta di ciò che deve ancora giungere. Scendiamo a piedi dall’Hotel (che salutiamo malvolentieri) fino a Fondo, diretti al rione “Gio a l’aca” cioè “giù all’acqua”. E’ qui, dove inizia altresì la passeggiata lungo il Rio Novella, che è nato, grazie ad una associazione locale, il Museo dell’acqua, dove moderne installazioni multimediali (suggestiva la cascata che si deve attraversare all’inizio) spiegano e ribadiscono, rivolgendosi soprattutto alle nuove generazioni, il valore dell’elemento di cui anche noi siam perlopiù fatti, dato sempre per scontato e che ultimamente, visti gli indubitabili cambiamenti climatici, rischia di diventare prezioso come già lo è nelle aree desertiche. Nella parte sottostante questa struttura, in seconda battuta visitiamo un piccolo Museo della Civiltà contadina dove sono raccolti, negli spazi del vecchio mulino (di cui si vedono ancora i resti delle pale e delle canalature per l’acqua) gli attrezzi ed i macchinari usati, fino a pochi decenni fa per macinare il grano e gli altri cereali. Altresì attrezzi vari che si usavano per la vita nei campi e nei masi. Ci rechiamo, per breve salita lungo le strade del paese per la visita, nella piazza principale di Fondo, dell’ “Idrocronometro Astronomico”, un orologio ad acqua assolutamente unico nel suo genere ed abbiamo la fortuna di trovare nei pressi proprio il suo creatore, il dott. Zanoni, orologiaio ed orefice in Fondo che con notevole dovizia di particolari e con trasporto (incurante degli sguardi della moglie che, in disparte, lo sollecitava alla chiesa con ormai rassegnato cipiglio) illustrava i particolari meccanici e storici della costruzione, ormai famosa in tutta Europa. Dalla piazza piano piano ci si sposta verso la periferia del paese e verso il cimitero. Di li a poco, al centro di una radura sulla sommità di un colle, una piccola chiesa ci si prospetta davanti: è S.Lucia che sembra dimenticata dallo scorrere della storia, tanto è ameno il luogo in cui è situata, nascosto agli occhi più curiosi dalla fitta vegetazione. Anche qui la guida dell’Associazione Anastasia, benché con poca voce, ci introduce al significato degli stupendi affreschi che, in esterno e soprattutto all’interno, ornano l’ameno luogo di culto. Dopo l’appagante visita si torna verso Fondo e verso l’inizio vero e proprio della giornata di cammino. Passando davanti alla chiesa di S.Martino, occupata dalle Prime Comunioni, ci ripromettiamo un ripasso sulla via del ritorno. Uscendo dall’abitato costeggiamo ed attraversiamo a tratti la SS. che conduce a Passo Palade e cala poi a Merano. Dopo una non lunga passeggiata nel bosco arriviamo a Tret, (allego una descrizione sotto della chiesa di S.Anna che non abbiamo potuto visitare) dove ci si ferma a mangiare (chi al sacco, chi al piatto ma tutti ad un tavolo del “pittoresco ristorante”) presso l’Albergo Aurora, dove troviamo l’informale ma gentile accoglienza dei gestori. Sollecitati dal tempo che sembra mettersi al peggio ci riavviamo nel primo pomeriggio sulla strada e, all’imbocco col sentiero che scende alla cascata di Tret, Remo (Bonadiman, presidente dell’Associazione Amici del Cammino) rompe piacevolmente il gruppo proponendo di scendere a vedere le cascate, allungando solo di poco la camminata. Naturalmente la maggior parte acconsente (chi scrive, avendo visitato la cascata non più di un mese prima, continua sulla via maestra insieme a pochi altri). Ho inserito, per completezza di cronaca, alcune foto della cascata fatte in occasione della visita di cui sopra. Il paesaggio cambia ed anche l’aria che si respira diventa…. tirolese, come anche l’architettura e le scritte sulle case, al passaggio del confine invisibile che separa il mondo germanofono da quello italofono, da sempre contrapposti e forzatamente uniti, in una vicinanza che non poche volte ha visto sgradevoli episodi di intolleranza da ambo le parti. Resta attualmente invece, e questo è il mio sentire che può non corrispondere alla realtà, la voglia di vivere e crescere insieme, in armonia con questa terra, aldilà delle diversità culturali e linguistiche. Gli estremismi resteranno sempre ma se ci sarà da parte della maggioranza la volontà di condivisione di un cammino comune, tali frange violente saranno isolate e distrutte dalla loro stessa cecità ed intolleranza. La piccola chiesa di S.Felice (St.Felix) è naturalmente intitolata al Santo patrono ed è prospiciente l’unico bar del paesino, nella piazza principale. Ancora poco, ma non poi tanto poco, di cammino, cullati dal tempo che scorre placido tra i rumori delle rade macchine agricole lavoranti di domenica, dall’aria leggera che ha però la forza di spostare le nubi regalando ai pellegrini (sfaldati in un lunghissimo cordone sul cammino) radi sprazzi di sole che si rinsalda all’arrivo a Madonna di Senale-Unsere Liebe Frau in Walde. Un nome, quello tedesco, che è di per sé pregno di quella poetica spiritualità rurale tipica delle lande montuose del Sudtirolo ma anche di tutto l’arco alpino, ove la durezza della vita in montagna veniva mitigata con una altrettanto dura fede, a volte in controtendenza con i percorsi della storia, che da queste parti arrivava sempre con netto ritardo.
La spiritualità del Santuario è tangibile, la storia lambisce le croci del piccolo cimitero, entra nella tetra chiesa, accarezza i volti ed i nomi degli ex-voto appesi nell’entrata interrata, e le voci oranti di noi, stanchi pellegrini con l’anima tranquilla. Dopo una prece ed un pensiero per i nostri cari che non ci hanno accompagnato, ci congediamo, in un tacito appuntamento all’anno prossimo che, sono sicuro, non mancherò, avendo trovato nel Cammino Anaune una facile ed a portata di mano versione del Cammino di Santiago che mi riprometto di fare integralmente quanto prima.
La spiritualità del Santuario è tangibile, la storia lambisce le croci del piccolo cimitero, entra nella tetra chiesa, accarezza i volti ed i nomi degli ex-voto appesi nell’entrata interrata, e le voci oranti di noi, stanchi pellegrini con l’anima tranquilla. Dopo una prece ed un pensiero per i nostri cari che non ci hanno accompagnato, ci congediamo, in un tacito appuntamento all’anno prossimo che, sono sicuro, non mancherò, avendo trovato nel Cammino Anaune una facile ed a portata di mano versione del Cammino di Santiago che mi riprometto di fare integralmente quanto prima.
Fondo
Capoluogo e centro amministrativo, economico e culturale dell’Alta Anaunia, nonché rinomata stazione di soggiorno, si adagia su un verde altopiano circondato da boschi e conifere, diviso in due dal pittoresco burrone scavato dal rio Sass. L’insediamento risale ancora all’età del bronzo, come testimoniano rinvenimenti vari. Più sostanziosa fu, invece, la successiva presenza romana. Il primo documento notarile che nomina Fondo ufficialmente e del 1186. Ebbe anche la Regola, quella gestione amministrativa di beni suddivisi in varie località, con una carta specifica datata 1357. In tal senso questa carta di regola è ritenuta la più antica della Valle del Noce. Fondo fu nominata borgata nel 1516 dell’allora imperatore Massimiliano I. Il paese è diviso nei rioni di S.Martin, Moich, S.Roch e Sach, sulla riva destra del rio Sass; Fuera e Pont su quella sinistra e Giò all’aca nella parte bassa. Il burrone del Sass, infatti, un vero canyon in certi punti profondo anche 50metri, attraversa la borgata, tanto che le sue case di Pont sono costruite sui suoi bordi con ardite e curiose opere d’arte. Tra gli attuali negozi “Zanoni preziosi” e “Quen confezioni”, attraverso un piccolo terrazzo aperto nel muro di protezione si può ammirare il profondo orrido, che dal 2001 è percorribile con visita guidata.
Il paese ha dato i natali al pittore futurista Fortunato Depero (1892-1960). Nella piazza principale del paese possiamo ammirare l’artistica fontana con la statua di San Giovanni oltre che il maestoso orologio funzionante esclusivamente ad acqua. Nelle vie più antiche del paese sono presenti ancora degli affreschi murali, realizzati fra il XIV e XVI secolo. Molti sono dedicati a S.Giacomo di Compostela in ricordo dello scampato pericolo dalla pestilenza del Quattrocento. Casa Bertagnolli (già casa dei vicari, in via Roma) ha il cinquecentesco graffito denominato “il ciclo cella presa di Troia” opera del Riemenschneider. Tra i palazzi sono da menzionare casa Stefenelli, casa Bertoldi e casa Inama dove abitò Vigilio Inama (1835-1912) storico e grecista. Nei dintorni Il lago Smeraldo è un bacino artificiale costruito nel 1965 che offre una suggestiva gamma di colori, con le sponde che si specchiano del verde cupo all’azzurrino. A soli 2 km verso sud si trova la frazione di Vasio, pittoresco villaggio con l’isolata chiesetta di San Valentino del XVI secolo. Una bellissima e panoramica stradina nel bosco tra il burrone del rio di Fondo e quello della Novella conduce a Castel Vasio in vetta a un verde collina da cui si gode un suggestivo panorama. Il vecchio fortilizio è ridotto a casa di contadini, ed oggi è stato convertito in agriturismo. Ricordato nel 1248, ma molto più antico, fu degli Eppan, dei de Vasio e degli Arsio che lo ricostruirono. Lungo la strada per il Passo delle Palade, poco prima di raggiungere il confine con la provincia di Bolzano, una breve deviazione ci conduce alla piccola frazione di Tret, immersa in uno spettacolare paesaggio alpino. Questo antico villaggio di contadini fu colonizzato nel corso del Medioevo da gruppi di tedeschi provenienti dal limitrofo Alto Adige. Il toponimo Trèt sarebbe, infatti, corruzione di voce tedesca che significa “pascolo”. Da visitare è la graziosa chiesetta di Sant’Anna costruita a partire dal XVII secolo, poi ampliata nel 1847. Nei dintorni è da vedere la cascata di Tret, alta 70 metri. |
Idrocronometro Astronomico (di Giuliano Zanoni)
Sono orologiaio di terza generazione. Lo erano infatti mio nonno Attilio e mio padre Tullio. Mio figlio Lorenzo continua la nostra tradizione. La tecnica della misurazionedel tempo, oltre che come lavoro, l’ho sempre vissuta e la vivo come passione. Quando da giovane militare di leva ero a Roma visitai Villa Borghese e mi colpì molto l’orologio ad acqua ideato e costruito nel 1867 da un frate domenicano, padre Giovanni Embriaco. Molti anni sono trascorsi da quella passeggiata a Villa Borghese e l’idea di costruire un orologio funzionante ad acqua mi è sempre rimasta in testa. Ho elaborato un progetto che via via si è evoluto, aggiungendo all’impianto iniziale, che prevedeva solo l’indicazione dell’ora, quello di una suoneria. Ho poi pensato a quadranti che segnassero altri parametri e inoltre, ispirandomi alla tradizione russa, ho ritenuto di far funzionare un piccolo automa. Tutto ciò avrebbe dovuto rigorosamente funzionare solo con la forza motrice dell’acqua. A mio giudizio era un bel progetto, ma molto difficile da realizzare. Ho incontrato in questa fase una persona particolare, penso unica per le sue conoscenze ed esperienze, una persona che ha saputo realizzare quello che per me era solo un sogno. Si trattava del Maestro artigiano Alberto Gorla, già molto conosciuto nel mondo della grossa orologeria, costruttore ed inventore di vari congegni e restauratore nonché manutentore di antichissimi orologi, fra i quali il famoso orologio dei Mori di Venezia. E così il sogno poteva divenire realtà. La chiesa di San Martino a Fondo, a lungo chiesa di riferimento dell'omonima pieve, eretta al centro dell'abitato con tradizionale orientamento absidale ad est, viene presumibilmente eretta nelle forme primigenie nel corso del XII secolo. Nella prima metà del XVI secolo viene riedificata con il contributo di alcuni maestri comacini, i quali all'epoca sono testimoniati alla fabbrica della vicina chiesa di San Nicolò di Castelfondo. Di questa chiesa basso medievale nulla rimane, in quanto le forme odierne dell'edificio derivano da una totale ricostruzione operata nella seconda metà XIX secolo su progetto dell'ingegnere trentino Dal Bosco. La facciata presenta un fronte gradonato al sommo, attraversato da una cornice recante dentelli sul margine inferiore. Al centro del prospetto emerge un avancorpo timpanato, elevato da una scalinata, sostenuto da due pilastri quadrangolari con capitello ionico e da quattro colonne ioniche a fusto liscio. In posizione centrale è situato il portale lapideo architravato dell'ingresso; la cornice della trabeazione è raccordata ad una cornice continua in facciata. Le fiancate sono attraversate dallo zoccolo, dalla cornice corrente e dalla fascia superiore dentellata visibili in facciata e sono aperte da tre ampie finestre lunettate; il prospetto settentrionale presenta un ingresso laterale dotato di portale lapideo con architrave retto da modiglioni, così come il prospetto opposto, il cui ingresso è però elevato da una scalinata. A livello dell'abside è collocato un basso corpo aggiunto raccordato alle pareti orientali del presbiterio da altri due locali. L'abside è aperta da due finestre lunettate contrapposte.Il campanile, discosto dalla chiesa, a sinistra della facciata, presenta un fusto quadrangolare attraversato da una cornice rifinito a raso sasso, così come la cella campanaria, delimitata da due cornici, che sovrasta il quadrante sul prospetto occidentale ed è aperta sui quattro lati da una monofora a sesto acuto. La cornice superiore reca doccioni zoomorfi angolari; sulla piattaforma sovrastante sono presenti quattro elementi lapidei a vaso ed un corpo innestato a sezione ottagonale rifinito a intonaco tinteggiato, ritmato da lesene angolari e aperto su ogni lato da una monofora. Da questo corpo si diparte la cuspide a bulbo ottagonale. L'interno presenta un'ampia navata, scandita in tre campate da profonde arcate longitudinali a tutto sesto, sostenute da coppie di colonne ioniche a fusto liscio dotate di basamento, dalle quali si dipartono due arcate trasversali a tutto sesto, le quali ritmano la volta a botte che copre l'ambiente. Tra l'atrio e la prima campata si impone il volume della cantoria, sostenuta da due pilastri a sezione quadrangolare tra i quali sono presenti quattro colonne simili a quelle a sostegno delle arcate longitudinali; l'ambiente della cantoria è sovrastato da una terza arcata a tutto sesto. Le pareti laterali presentano lievi rientranze tra le coppie di colonne, le arcate longitudinali ospitano finestre lunettate profondamente strombate; all'altezza della terza campata sono presenti due altari laterali. Le pareti a fianco dell'arco santo a tutto sesto, sostenuto da pilastri murali con imposta modanata, presentano nicchie delimitate da paraste sui fianchi e dalla trabeazione corrente al sommo. Il presbiterio, elevato da una scalinata, presenta due accessi dotati di portale lapideo architravato presso le pareti laterali; l'abside semi circolare è coperta da una volta a catino poggiante su una cornice corrente. Gli intradossi delle arcate trasversali e longitudinali, la volta della navata e la porzione della controfacciata presso la cantoria recano un impianto decorativo pittorico e a stucchi avente carattere ornamentale e figurativo; l'intradosso dell'arcata che copre il presbiterio e il catino absidale recano un impianto decorativo pittorico avente carattere figurativo ed ornamentale.
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Santa Lucia
L’edificio, risalente al XIV secolo, fu modificato ed ampliato nel 1673.
All’esterno, sulla facciata, è ancora visibile un timpano acuto ed un piccolo campanile a vela.
Un ciclo di affreschi dedicati a San Cristoforo, risalenti alla seconda metà del ‘300, opera del famoso Maestro di Sommacampagna ed una Crocifissione impreziosiscono la muratura esterna.
All’interno, la navata unica è affrescata da un ciclo di otto episodi commentati da didascalie gotiche e latine dedicato alle Storie di Santa Lucia databile intorno al 1380, opera forse di Mastro della Madonna di Castelbarco. Molto prezioso anche l’altare ligneo del XVII secolo che presenta una predella raffigurante il Battesimo di Gesù, l’Incontro del Battista con due Apostoli, l’Incontro di Giovanni Battista con Gesù, la Decollazione del Battista e due episodi raffiguranti Salomè che raccoglie la testa del Battista e la porge a re Erode.
Su richiesta apertura del sito con almeno due giorni di anticipo scrivendo a c[email protected].
L’edificio, risalente al XIV secolo, fu modificato ed ampliato nel 1673.
All’esterno, sulla facciata, è ancora visibile un timpano acuto ed un piccolo campanile a vela.
Un ciclo di affreschi dedicati a San Cristoforo, risalenti alla seconda metà del ‘300, opera del famoso Maestro di Sommacampagna ed una Crocifissione impreziosiscono la muratura esterna.
All’interno, la navata unica è affrescata da un ciclo di otto episodi commentati da didascalie gotiche e latine dedicato alle Storie di Santa Lucia databile intorno al 1380, opera forse di Mastro della Madonna di Castelbarco. Molto prezioso anche l’altare ligneo del XVII secolo che presenta una predella raffigurante il Battesimo di Gesù, l’Incontro del Battista con due Apostoli, l’Incontro di Giovanni Battista con Gesù, la Decollazione del Battista e due episodi raffiguranti Salomè che raccoglie la testa del Battista e la porge a re Erode.
Su richiesta apertura del sito con almeno due giorni di anticipo scrivendo a c[email protected].
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S.Anna di Tret
L’abitato di Tret è posto sul confine linguistico tra mondo romanzo e mondo germanico: una linea invisibile che in questo estremo lembo della Val di Non, come in altre valli dell’arco alpino, non rispetta la linea dello spartiacque. Tra i prati e le abetaie che separano le ultime case del paese dai primi masi di San Felice/St. Felix corre quella “frontiera nascosta” descritta dagli antropologi americani John Wallace Cole ed Eric Robert Wolf nel ben noto saggio omonimo,”The hidden frontier: ecology and ethnicity in an alpine valley”, pubblicato a New York nel 1974. Nelle loro ricerche, che furono condotte tra il 1961 e il 1969, i due studiosi non dedicarono alcuna attenzione alla chiesa del paese, benché essa rivesta – oggi come allora – un forte valore identitario per la popolazione di Tret. L’analisi storico-artistica dell’edificio fornisce un’eloquente chiave di lettura del peculiare carattere di questo luogo, i cui abitanti si confrontarono quotidianamente, per secoli, con usi e costumi dei loro vicini tirolesi, spesso differenziati anche nell’approccio al sacro, pur nella comune appartenenza delle due comunità alla fede cattolica e, fino al 1964, alla diocesi di Trento e al decanato di Fondo.
La chiesa di Sant’Anna sorge in posizione appartata, attorniata dai prati, nei pressi del cimitero. L’altimetro segna 1.162 metri sul livello del mare. È un semplice edificio ad aula unica d’impronta goticheggiante: eretto intorno al 1610 – data che si legge alla sommità della facciata a capanna – fu consacrato nel 1649, riedificato nel 1718 e consacrato nuovamente nel 1817. Nel 1787 fu edificato il campanile, mentre la chiesa venne ampliata nel 1847 in stile gotico, con volta reticolata e finestre archiacute. In seguito i tre altari lignei citati nelle fonti furono rimossi e rimpiazzati dall’unico altare attuale, opera dello scultore roveretano Luigi Scanagatta. Si tratta di un interessante manufatto in marmi policromi, che traduce in modo semplificato uno schema architettonico neogotico, con quattro pinnacoli, nicchia centrale a ogiva, specchiatura superiore quadrilobata e fastigio fitomorfo. La nicchia ospita un gruppo statuario in legno intagliato e dipinto raffigurante Sant’Anna con Maria Bambina, ossia l’Educazione della Vergine, pregevole testimonianza dell’arte dell’intaglio delle botteghe sudtirolesi attive intorno alla metà del Settecento, cui si deve il fastoso altare maggiore del vicino santuario di Senale. Dal punto di vista stilistico il gruppo presenta i caratteri tipici della statuaria tardobarocca di area alpina e rivela notevoli affinità con le statue di Gioacchino e Anna poste sopra le portine del coro nel santuario di Baselga di Bresimo. Il simulacro di Tret – che per molti anni è stato custodito in una casa privata – viene portato in processione per le vie del paese il 26 luglio di ogni anno, in occasione della festa di Sant’Anna: sul basamento ligneo che serve per il trasporto è segnalata la sigla “VF” accompagnata dalla data “1954”, a ricordo del restauro del manufatto eseguito dall’intagliatore di Romeno Virginio Francisci (1877-1957) su incarico dell’allora curato di Tret don Fabio Fattor.
Il dipinto raffigurante la Visitazione, che fungeva da pala d’altare, è ora appeso alla parete laterale destra ed è opera di Antonio Scanagatta (1865-1935), figlio dello scultore Gelsomino: fu eseguito nel 1896, come attesta la firma “A. Scanagatta 1896” leggibile nell’angolo inferiore destro della tela, che presenta una centinatura a ogiva. Neogotici sono pure il tabernacolo a muro e il seggio ligneo del celebrante. Sulle pareti interne della chiesa si dispiega una decorazione pittorica risalente alla prima metà del Novecento, di autore non ancora identificato. Nel presbiterio sono raffigurati Sant’Anna con Maria Bambina sulla parete di destra e San Giuseppe con Gesù Bambino sulla parete di sinistra, mentre sulla parete laterale sinistra è dipinto il Sacro Cuore di Gesù. Nelle vele della volta compaiono i quattro Evangelisti, Santa Barbara e Sant’Antonio da Padova. In una nicchia aperta nella parete laterale sinistra è collocata una statua lignea della Madonna Immacolata, opera di manifattura gardenese del 1897. Tre le campane issate sul campanile: la più antica è opera tardo-ottocentesca della fonderia Bartolomeo Chiappani di Trento, mentre le altre due risalgono alla prima metà del Novecento: la prima è datata 1928 e fu realizzata a Bologna nella fonderia Cesare Brighenti, mentre la seconda, di poco successiva, non reca iscrizioni utili all’identificazione del fonditore. È infine da segnalare, nel vicino cimitero, il monumento ai caduti della prima guerra mondiale, costituito da una statua di Cristo Redentore scolpita in marmo di Lasa nel 1922 da Fioravante Zuech (1881-1959).
Risale al 1923 il primo atto formale di tutela adottato dallo Stato italiano nei confronti della chiesa parrocchiale di Tret: con notifica spedita dal Castello del Buonconsiglio il primo febbraio di quell’anno il Regio Ufficio Belle Arti di Trento comunicava al sindaco di Fondo e ai frazionisti di Tret che la chiesa di Sant’Anna aveva carattere monumentale ed era dunque soggetta alle disposizioni della legge n. 364 del 1909. Oggi la normativa di riferimento è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Trentino le funzioni di tutela sono esercitate dalla Provincia autonoma di Trento. Nel 2016 si sono conclusi, dopo tre anni di cantiere, i lavori di restauro e di adeguamento degli impianti promossi dalla Parrocchia, diretti dall’architetto Chiara Zanolini e finanziati con contributo provinciale. Sotto la supervisione di Ivo Leonardelli, architetto dell’Ufficio beni architettonici della Soprintendenza per i beni culturali di Trento, si è proceduto alla sistemazione del tetto e alla sostituzione del vecchio manto di copertura in tegole di cotto con un nuovo manto a scandole di larice. Sono stati quindi sistemati e ritinteggiati gli intonaci esterni e interni, previa deumidificazione delle pareti. Contestualmente sono stati messi a norma gli impianti termici ed elettrici ed è stata sostituita la centrale termica, spostandola dalla sacrestia alla vicina canonica. Nel 2016 Illeanna Ianes e i suoi collaboratori hanno infine restaurato i dipinti murali dell’interno, che negli anni Sessanta erano stati parzialmente coperti e scontornati, rimettendo in luce i dettagli occultati e le finte cornici. La chiesa è stata ora “restituita” alla popolazione di Tret, in tempo per le festività natalizie. Con la sua commistione di stili e la compresenza di opere d’arte di diversa matrice culturale, essa ci parla di una piccola comunità alpina da sempre in bilico tra due mondi e, proprio per questo, mai isolata in se stessa.
L’abitato di Tret è posto sul confine linguistico tra mondo romanzo e mondo germanico: una linea invisibile che in questo estremo lembo della Val di Non, come in altre valli dell’arco alpino, non rispetta la linea dello spartiacque. Tra i prati e le abetaie che separano le ultime case del paese dai primi masi di San Felice/St. Felix corre quella “frontiera nascosta” descritta dagli antropologi americani John Wallace Cole ed Eric Robert Wolf nel ben noto saggio omonimo,”The hidden frontier: ecology and ethnicity in an alpine valley”, pubblicato a New York nel 1974. Nelle loro ricerche, che furono condotte tra il 1961 e il 1969, i due studiosi non dedicarono alcuna attenzione alla chiesa del paese, benché essa rivesta – oggi come allora – un forte valore identitario per la popolazione di Tret. L’analisi storico-artistica dell’edificio fornisce un’eloquente chiave di lettura del peculiare carattere di questo luogo, i cui abitanti si confrontarono quotidianamente, per secoli, con usi e costumi dei loro vicini tirolesi, spesso differenziati anche nell’approccio al sacro, pur nella comune appartenenza delle due comunità alla fede cattolica e, fino al 1964, alla diocesi di Trento e al decanato di Fondo.
La chiesa di Sant’Anna sorge in posizione appartata, attorniata dai prati, nei pressi del cimitero. L’altimetro segna 1.162 metri sul livello del mare. È un semplice edificio ad aula unica d’impronta goticheggiante: eretto intorno al 1610 – data che si legge alla sommità della facciata a capanna – fu consacrato nel 1649, riedificato nel 1718 e consacrato nuovamente nel 1817. Nel 1787 fu edificato il campanile, mentre la chiesa venne ampliata nel 1847 in stile gotico, con volta reticolata e finestre archiacute. In seguito i tre altari lignei citati nelle fonti furono rimossi e rimpiazzati dall’unico altare attuale, opera dello scultore roveretano Luigi Scanagatta. Si tratta di un interessante manufatto in marmi policromi, che traduce in modo semplificato uno schema architettonico neogotico, con quattro pinnacoli, nicchia centrale a ogiva, specchiatura superiore quadrilobata e fastigio fitomorfo. La nicchia ospita un gruppo statuario in legno intagliato e dipinto raffigurante Sant’Anna con Maria Bambina, ossia l’Educazione della Vergine, pregevole testimonianza dell’arte dell’intaglio delle botteghe sudtirolesi attive intorno alla metà del Settecento, cui si deve il fastoso altare maggiore del vicino santuario di Senale. Dal punto di vista stilistico il gruppo presenta i caratteri tipici della statuaria tardobarocca di area alpina e rivela notevoli affinità con le statue di Gioacchino e Anna poste sopra le portine del coro nel santuario di Baselga di Bresimo. Il simulacro di Tret – che per molti anni è stato custodito in una casa privata – viene portato in processione per le vie del paese il 26 luglio di ogni anno, in occasione della festa di Sant’Anna: sul basamento ligneo che serve per il trasporto è segnalata la sigla “VF” accompagnata dalla data “1954”, a ricordo del restauro del manufatto eseguito dall’intagliatore di Romeno Virginio Francisci (1877-1957) su incarico dell’allora curato di Tret don Fabio Fattor.
Il dipinto raffigurante la Visitazione, che fungeva da pala d’altare, è ora appeso alla parete laterale destra ed è opera di Antonio Scanagatta (1865-1935), figlio dello scultore Gelsomino: fu eseguito nel 1896, come attesta la firma “A. Scanagatta 1896” leggibile nell’angolo inferiore destro della tela, che presenta una centinatura a ogiva. Neogotici sono pure il tabernacolo a muro e il seggio ligneo del celebrante. Sulle pareti interne della chiesa si dispiega una decorazione pittorica risalente alla prima metà del Novecento, di autore non ancora identificato. Nel presbiterio sono raffigurati Sant’Anna con Maria Bambina sulla parete di destra e San Giuseppe con Gesù Bambino sulla parete di sinistra, mentre sulla parete laterale sinistra è dipinto il Sacro Cuore di Gesù. Nelle vele della volta compaiono i quattro Evangelisti, Santa Barbara e Sant’Antonio da Padova. In una nicchia aperta nella parete laterale sinistra è collocata una statua lignea della Madonna Immacolata, opera di manifattura gardenese del 1897. Tre le campane issate sul campanile: la più antica è opera tardo-ottocentesca della fonderia Bartolomeo Chiappani di Trento, mentre le altre due risalgono alla prima metà del Novecento: la prima è datata 1928 e fu realizzata a Bologna nella fonderia Cesare Brighenti, mentre la seconda, di poco successiva, non reca iscrizioni utili all’identificazione del fonditore. È infine da segnalare, nel vicino cimitero, il monumento ai caduti della prima guerra mondiale, costituito da una statua di Cristo Redentore scolpita in marmo di Lasa nel 1922 da Fioravante Zuech (1881-1959).
Risale al 1923 il primo atto formale di tutela adottato dallo Stato italiano nei confronti della chiesa parrocchiale di Tret: con notifica spedita dal Castello del Buonconsiglio il primo febbraio di quell’anno il Regio Ufficio Belle Arti di Trento comunicava al sindaco di Fondo e ai frazionisti di Tret che la chiesa di Sant’Anna aveva carattere monumentale ed era dunque soggetta alle disposizioni della legge n. 364 del 1909. Oggi la normativa di riferimento è contenuta nel Codice dei beni culturali e del paesaggio e nel Trentino le funzioni di tutela sono esercitate dalla Provincia autonoma di Trento. Nel 2016 si sono conclusi, dopo tre anni di cantiere, i lavori di restauro e di adeguamento degli impianti promossi dalla Parrocchia, diretti dall’architetto Chiara Zanolini e finanziati con contributo provinciale. Sotto la supervisione di Ivo Leonardelli, architetto dell’Ufficio beni architettonici della Soprintendenza per i beni culturali di Trento, si è proceduto alla sistemazione del tetto e alla sostituzione del vecchio manto di copertura in tegole di cotto con un nuovo manto a scandole di larice. Sono stati quindi sistemati e ritinteggiati gli intonaci esterni e interni, previa deumidificazione delle pareti. Contestualmente sono stati messi a norma gli impianti termici ed elettrici ed è stata sostituita la centrale termica, spostandola dalla sacrestia alla vicina canonica. Nel 2016 Illeanna Ianes e i suoi collaboratori hanno infine restaurato i dipinti murali dell’interno, che negli anni Sessanta erano stati parzialmente coperti e scontornati, rimettendo in luce i dettagli occultati e le finte cornici. La chiesa è stata ora “restituita” alla popolazione di Tret, in tempo per le festività natalizie. Con la sua commistione di stili e la compresenza di opere d’arte di diversa matrice culturale, essa ci parla di una piccola comunità alpina da sempre in bilico tra due mondi e, proprio per questo, mai isolata in se stessa.
Il Santuario di Madonna di Senale sorge ai piedi del Monte Luco in Alta Val di Non, nel paese di Senale. Varie leggende circondano il luogo di pellegrinaggio, considerato tra i più antichi del Tirolo e del Triveneto. Viene menzionata per la prima volta nel 1184 come convento con ospizio per pellegrini passanti il Passo Palade e nel 1224 come convento agostiniano. Dal 1.807 ad oggi il santuario fa parte dell’ordine Benedettino di Muri Gries presso Bolzano. Dall’esterno la chiesa presenta una struttura semplice scoprendosi poi, al suo interno, ricca di altari e altre opere d’arte: in stile gotico, con i suoi altari barocchi riccamente intagliati e l'immagine votiva della Vergine, patrona di Senale. Al centro spicca l’immagine miracolosa della “Madonna del Bosco”, risalente al 1430 circa, in una nicchia dorata sopra l’altare maggiore. L’organo attuale fu costruito nel 1868, utilizzando anche parti di quello precedente risalente al 1668. La torre risale all’epoca romanica. Nel 15 ° secolo, la chiesa fu ricostruita in stile gotico.
La S. Messa viene qui celebrata in lingua tedesca, tuttavia, da luglio a metà settembre, viene celebrata anche una messa in italiano la domenica.
La S. Messa viene qui celebrata in lingua tedesca, tuttavia, da luglio a metà settembre, viene celebrata anche una messa in italiano la domenica.