Così, un gruppo di pellegrini attempati, cioè giovani da più tempo, affronta il cammino d'Anaunia alla ricerca di quanto già cercato, talora già trovato, sul cammino verso Compostela.
Si parte, questa volta, da una tomba che racchiude i resti di tre martiri che inviati da San Vigilio ad evangelizzare le popolazioni d'Anaunia testimoniano il Vangelo a prezzo della vita.
Storia, leggende si intrecciano lungo il percorso con il cambiare del paesaggio: vigneti e prati, boschi, profili sinuosi coperti da meleti, un numero incredibile di meli carichi di frutti dalle sfumature diverse, ordinati, belli da vedere. Chissà come sono in primavera, al tempo della fioritura.
A tratti, all’orizzonte, spuntano cime di monti dalle mille forme, e poi pascoli, prati, paesi grandi, piccoli borghi, dimore importanti, castelli nel sole, ruderi che ricordano tempi migliori: sono impressioni che si susseguono lungo il cammino.
Ciò che affascina il pellegrino, però, è la ricerca e la scoperta dei segni; non solo la conchiglia gialla sullo sfondo blu che puntualmente, nei posti giusti, appare; ma gli affreschi sui muri delle case, le cappelle votive che evocano santi dai nomi più o meno noti; le chiese con le loro bibbie raccontate ai semplici con figure talora ingenue, talora raffinatissime, sempre ricche di significati, di messaggi per la vita.
A raggiera si diffonde il racconto evangelico: ecco la Madre, ecco il Figlio nel suo cammino terreno. Ed ecco i santi. “Ho visto un San Cristoforo: per oggi non si muore …”, si sorride, ma si pensa e, se si vuole, si prega.
Tanti passano e sono passati per motivi diversi tanto quanto l’esistenza di ciascuno.
Fa caldo, non sempre si cammina nell’ombra; si preferiscono i sentieri che attraversano prati e boschi, ma si affronta anche l’asfalto: il cammino è quello che è, non quello che si vorrebbe. Esattamente come la vita.
Bisogna andare avanti. C’è sempre qualcuno che incoraggia, che accoglie, che rallegra con una battuta, che offre un po’ d’acqua o una caramella. Si incontra chi lavora nei meleti, chi taglia l’erba; giù appare la distesa di un lago che ispira calma, pace.
Si pensa alla testimonianza delle famiglie partite alla volta di Santiago in ringraziamento per essere scampati alla peste: gli affreschi lo raccontano al pellegrino, un segno efficace, da ricordare.
La cappella di Santa Emerenziana, il castello dei Thun e, indimenticabile, l’eremo di San Romedio, con le cappelle sovrapposte, nate in epoche diverse, testimonianza di quanto diversamente si può scegliere di vivere.
Segni, come tanti altri, che la diversità è ricchezza. D’altra parte basta osservare la natura, davvero molto varia sul cammino d’Anaunia e intonare nel cuore un inno di ringraziamento per il creato.
A Flavon tornano i vecchi pellegrini ogni sera, in una casa ospitale, che dà il senso della famiglia, che accoglie e che ristora.
Su una vicina fontana, San Giacomo, attento veglia sui loro passi.
Si parte, questa volta, da una tomba che racchiude i resti di tre martiri che inviati da San Vigilio ad evangelizzare le popolazioni d'Anaunia testimoniano il Vangelo a prezzo della vita.
Storia, leggende si intrecciano lungo il percorso con il cambiare del paesaggio: vigneti e prati, boschi, profili sinuosi coperti da meleti, un numero incredibile di meli carichi di frutti dalle sfumature diverse, ordinati, belli da vedere. Chissà come sono in primavera, al tempo della fioritura.
A tratti, all’orizzonte, spuntano cime di monti dalle mille forme, e poi pascoli, prati, paesi grandi, piccoli borghi, dimore importanti, castelli nel sole, ruderi che ricordano tempi migliori: sono impressioni che si susseguono lungo il cammino.
Ciò che affascina il pellegrino, però, è la ricerca e la scoperta dei segni; non solo la conchiglia gialla sullo sfondo blu che puntualmente, nei posti giusti, appare; ma gli affreschi sui muri delle case, le cappelle votive che evocano santi dai nomi più o meno noti; le chiese con le loro bibbie raccontate ai semplici con figure talora ingenue, talora raffinatissime, sempre ricche di significati, di messaggi per la vita.
A raggiera si diffonde il racconto evangelico: ecco la Madre, ecco il Figlio nel suo cammino terreno. Ed ecco i santi. “Ho visto un San Cristoforo: per oggi non si muore …”, si sorride, ma si pensa e, se si vuole, si prega.
Tanti passano e sono passati per motivi diversi tanto quanto l’esistenza di ciascuno.
Fa caldo, non sempre si cammina nell’ombra; si preferiscono i sentieri che attraversano prati e boschi, ma si affronta anche l’asfalto: il cammino è quello che è, non quello che si vorrebbe. Esattamente come la vita.
Bisogna andare avanti. C’è sempre qualcuno che incoraggia, che accoglie, che rallegra con una battuta, che offre un po’ d’acqua o una caramella. Si incontra chi lavora nei meleti, chi taglia l’erba; giù appare la distesa di un lago che ispira calma, pace.
Si pensa alla testimonianza delle famiglie partite alla volta di Santiago in ringraziamento per essere scampati alla peste: gli affreschi lo raccontano al pellegrino, un segno efficace, da ricordare.
La cappella di Santa Emerenziana, il castello dei Thun e, indimenticabile, l’eremo di San Romedio, con le cappelle sovrapposte, nate in epoche diverse, testimonianza di quanto diversamente si può scegliere di vivere.
Segni, come tanti altri, che la diversità è ricchezza. D’altra parte basta osservare la natura, davvero molto varia sul cammino d’Anaunia e intonare nel cuore un inno di ringraziamento per il creato.
A Flavon tornano i vecchi pellegrini ogni sera, in una casa ospitale, che dà il senso della famiglia, che accoglie e che ristora.
Su una vicina fontana, San Giacomo, attento veglia sui loro passi.
Considerazioni personali
Ho vagato molto, spesso a vuoto. E lo farò ancora perché credo sia insito nell'uomo quel masochismo latente che lo costringe a peregrinare in cerca di qualcosa che nemmeno lui conosce, forse di sè stesso, anzi sicuramente di sè stesso. Siamo tutti psicologi autodidatti che cercano il proprio "io" più nascosto tra le pieghe del mondo e non sdraiati su una chaise longue da psichiatra. Ho percorso il Cammino Iacopeo d'Anaunia cercando vicino a casa quello che, per motivi di tempo e di lavoro, non ho potuto andare a cercare altrove, nei luoghi reputati al Pellegrinaggio vero e proprio. Cosa ho trovato? E soprattutto, ho trovato?
Ho trovato la montagna, ho trovato la gente, ho trovato la storia, ho trovato mani gentili e parole buone, ho trovato vecchie credenze e storie, ho trovato sorrisi e sguardi sospettosi insieme a sudore e polvere. Ho trovato ciò che cercavo? Credo di sì, soprattutto mi sono reso conto che ciò che cercavo già era in mio possesso o comodato d'uso. Ho trovato l'uomo che è in me e il Dio che è negli altri. E forse ambedue le cose contemporaneamente.
Abbiamo demandato la formulazione di domande e la ricerca di risposte a psichiatri, sacerdoti, politici quando bastava guardarsi intorno e mettersi per un momento negli occhi di chi ci sta davanti, del prossimo. Non voglio fare della filosofia spicciola, anche perché non ne ho le basi culturali quindi chiudo in fretta, anche per non annoiare chi mi stà pazientemente leggendo.
Il Cammino, come tutti i Cammini (leggi anche Vite) è mutevole e costante, lungo e breve, utile o inutile, veloce o lento, dolce o salato, doloroso o appagante ma comunque vale la pena di affrontarlo sempre perchè, come diceva un noto poeta romano "La vita è adesso, il sogno è sempre".
Ho vagato molto, spesso a vuoto. E lo farò ancora perché credo sia insito nell'uomo quel masochismo latente che lo costringe a peregrinare in cerca di qualcosa che nemmeno lui conosce, forse di sè stesso, anzi sicuramente di sè stesso. Siamo tutti psicologi autodidatti che cercano il proprio "io" più nascosto tra le pieghe del mondo e non sdraiati su una chaise longue da psichiatra. Ho percorso il Cammino Iacopeo d'Anaunia cercando vicino a casa quello che, per motivi di tempo e di lavoro, non ho potuto andare a cercare altrove, nei luoghi reputati al Pellegrinaggio vero e proprio. Cosa ho trovato? E soprattutto, ho trovato?
Ho trovato la montagna, ho trovato la gente, ho trovato la storia, ho trovato mani gentili e parole buone, ho trovato vecchie credenze e storie, ho trovato sorrisi e sguardi sospettosi insieme a sudore e polvere. Ho trovato ciò che cercavo? Credo di sì, soprattutto mi sono reso conto che ciò che cercavo già era in mio possesso o comodato d'uso. Ho trovato l'uomo che è in me e il Dio che è negli altri. E forse ambedue le cose contemporaneamente.
Abbiamo demandato la formulazione di domande e la ricerca di risposte a psichiatri, sacerdoti, politici quando bastava guardarsi intorno e mettersi per un momento negli occhi di chi ci sta davanti, del prossimo. Non voglio fare della filosofia spicciola, anche perché non ne ho le basi culturali quindi chiudo in fretta, anche per non annoiare chi mi stà pazientemente leggendo.
Il Cammino, come tutti i Cammini (leggi anche Vite) è mutevole e costante, lungo e breve, utile o inutile, veloce o lento, dolce o salato, doloroso o appagante ma comunque vale la pena di affrontarlo sempre perchè, come diceva un noto poeta romano "La vita è adesso, il sogno è sempre".